Verso il chip del futuro grazie a uno studio che fa luce sulle potenzialità dell’anatase, un particolare tipo di biossido di titanio (TiO2) che secondo gli scienziati potrebbe cambiare radicalmente il modo d’intendere le tecnologie che richiedono accumulo e utilizzo di energia ottenuta attraverso la luce. Il biossido di titanio è un materiale coinvolto in numerose applicazioni pratiche, tra cui il fotovoltaico e la fotocatalisi usata nei processi di purificazione di aria e acqua. Il meccanismo mediante il quale, ad esempio, le superfici a vetri si autopuliscono quando esposte alla luce. Questo materiale celava ancora molti segreti sulle sue proprietà elettroniche e ottiche, svelati ora da uno studio internazionale su ‘Nature Communications’.
Al lavoro, coordinato dall’École Polytechnique Fédérale de Lausanne (Epfl), ha lavorato anche Letizia Chiodo, ricercatrice di Fisica della materia presso l’Università Campus Bio-Medico di Roma. La ricerca è stata svolta in collaborazione con ricercatori del Max Planck Institute di Amburgo e dell’Università di Tor Vergata. Per realizzare l’analisi sul biossido di titanio, gli scienziati hanno utilizzato le più avanzate tecniche d’indagine sperimentale e teorico-computazionale. In questo modo hanno scoperto caratteristiche che rendono l’anatase di TiO2 unico e diverso rispetto a molti semiconduttori tradizionali.
Quando la luce colpisce l’anatase in esso non si creano solo singole cariche elettriche libere’, gli elettroni (negative) e le cosiddette ‘buche’ (le corrispondenti cariche positive). Grazie alla struttura del cristallo si formano anche delle ‘coppie’ stabili di cariche opposte, chiamate eccitoni. Questi riescono a trasportare contemporaneamente energia e cariche elettriche, ponendosi come base per il settore della cosiddetta ‘eccitonica’, elettronica di nuova generazione. Ma la vera novità svelata dalla ricerca sta nel comportamento degli eccitoni: si comportano incredibilmente in modo bidimensionale nello spazio tridimensionale del reticolo che forma il cristallo, un po’ come i singoli strati di una torta millefoglie. Ciò li rende estremamente stabili, al punto che né le variazioni di temperatura, né la riduzione del materiale a dimensioni nanometriche intaccano, almeno per un certo tempo, la stabilità del loro legame.
“Il comportamento riscontrato nell’eccitone dell’anatase – spiega la ricercatrice Chiodo – potrebbe rendere possibili nel prossimo futuro nuove applicazioni tecnologiche, basate sul particolare accumulo di energia della luce che si crea attraverso la formazione di questa coppia. Anzi, si potrebbero usare le coppie facendole muovere nel materiale per creare veri e propri circuiti ‘eccitonici’, simili a quelli elettronici, ma in grado di spingersi ben oltre le attuali capacità di accumulo dell’energia”.