“Da un lato è giusto, bisognerebbe vedere fino in fondo se le responsabilità erano tutte sue. D’altronde un responsabile ci deve essere ed è stato condannato”. Sono le parole di Massimiliano Zerega, genovese di 47 anni, uno dei sopravvissuti al disastro della Costa Concordia. Zerega lo ha detto all’AdnKronos, contattato poco dopo la sentenza della Cassazione, emessa in serata, che ha confermato la condanna a 16 anni di carcere nei confronti dell’ex comandante della nave Costa, Francesco Schettino.
Zerega, libero professionista residente a Genova, era tra i 20 passeggeri liguri che si trovavano a bordo della crociera la notte della tragedia del 13 gennaio 2012 quando nel naufragio, avvenuto all’isola del Giglio, morirono 32 passeggeri. “Una condanna giusta che non risarcisce dell’accaduto ma mette un punto fermo”, ha spiegato appena appresa la notizia, prima di ripercorrere con la memoria quanto avvenuto quella sera, a bordo della crociera. “Cosa ricordo? Paura e terrore. Tutto qui – ha spiegato Zerega – mi trovavo sulla nave con mia moglie, eravamo in viaggio. Al momento del disastro eravamo nel salone ristorante. La nave si è inclinata sul fianco completamente. Mia moglie mi ha preso e siamo scappati fuori, sui ponti. C’era un caos generale”. Il panico e il caos, la notte e il mare, poi l’intervento dell’equipaggio.
“Li ho ringraziati nelle ore successive al disastro – spiega ancora il testimone 47enne – Hanno fatto quello che potevano, nessuno è preparato per una cosa del genere. Non era mai successa. Un conto è farlo in prova senza pericoli, un conto è trovarsi lì veramente, quando succede”. “Sulla nave da subito si era creato un grande caos – continua Zerega – e non era stato spiegato l’accaduto. Non si riusciva a scendere, siamo scesi dopo un po’. Con le scialuppe era quasi impossibile. Allora siamo andati sul ponte tre, che era praticamente sott’acqua, e siamo scesi sulla scialuppa da lì”. Dopo il disastro i passeggeri provenienti dalla Liguria erano stati riportati a casa a bordo di un pullman, partito dalla Toscana e arrivato a Savona. “Siamo risaliti su un’altra nave simile circa sei mesi dopo – spiega ancora il testimone – quella che è successa è una cosa talmente rara, viaggi così un po’ ne abbiamo fatti. Una nave non affonda se non va dentro ad uno scoglio”. Poi, anni dopo, un nuovo incontro con la Concordia. Quando il relitto è tornato a Genova, per il suo ultimo viaggio verso la demolizione. “Sono andato a vederla ma non subito – conclude Zerega – l’ho fatto tempo, dopo mentre la stavano smantellando. A cosa ho pensato? Che eravamo lì. Che siamo salvi per miracolo”.