La decisione del Tar di ‘bocciare’ la nomina di cinque direttori di Musei non alimenta solo nuovo contenzioso, ma riaccende anche la polemica sulla giustizia amministrativa, spesso accusata di costituire un freno per la crescita ed il Paese, con i suoi stop-and-go e le sue sospensive.
Un sistema, quello dei Tar e del Consiglio di Stato, che a fine 2016 aveva complessivamente più di 238 mila ricorsi pendenti (nel 2010 erano circa il doppio) e solo nell’anno in corso si è trovato a giudicare e sentenziare sulle materie più diverse: dal referendum costituzionale alle banche popolari al gasdotto Tap. Il segretario del Pd, Matteo Renzi, che da premier sottoscrisse la scelta sui Musei, non fa marcia indietro e rivendica, “orgoglioso”, di “aver dato ai più bravi la possibilità di concorrere per la direzione dei Musei italiani, patrimonio mondiale dell’umanità”.
Semmai si morde le mani perché’ “non abbiamo provato a cambiare i Tar”. E pur accordando “rispetto istituzionale” alla giustizia amministrativa, è certo che “non possiamo più essere una repubblica fondata sul cavillo e sul ricorso”. Sulla stessa linea il ministro della Giustizia, Andrea Orlando: “I Tar andrebbero cambiati, senza demonizzarli, ma andrebbe precisato meglio qual è il loro ambito di competenza rispetto a quello della politica, perché spesso entrano nel merito di scelte che dovrebbero essere proprie della politica“. Posizioni bollate dai Cinquestelle come “intimidazioni di Renzi ai giudici del Tar” perché “se arrivano sentenze sgradite al Governo e alla maggioranza, bisogna cambiare i giudici e non i provvedimenti scritti male o incostituzionali”. Il risultato, per i grillini, è che si e’ trattato di “una figuraccia dell’Italia davanti al mondo fatta a causa di Franceschini”. La reazione delle toghe amministrative è arrivata attraverso la loro associazione, l’Anma: “Bisogna cambiare le leggi, non i Tar”.
“La nomina di dirigenti pubblici stranieri (chiamati a esercitare poteri) è vietata nel nostro ordinamento”, spiega il presidente Fabio Mattei. “Un concorso il cui colloquio avviene via skype con candidati collegati magari dall’Australia non è un concorso”, aggiunge il segretario Luca Cestaro. La scelta di nominare direttori stranieri è forse il nocciolo di questa vicenda e come spiega anche il presidente degli avvocati amministrativisti, Umberto Fantigrossi, se si voleva procedere per questa strada “innovativa“, che “tutti vediamo con favore in questo campo”, “bisognava prima adeguare il quadro regolatorio”. Ora, avverte il legale, con la decisione del ministro Franceschini di impugnare la sentenza “non è da escludere che il Consiglio di Stato riveda la posizione del Tar Lazio e conceda intanto la sospensiva. I tempi potrebbero essere molto rapidi”.