Parte da Napoli, dall’ospedale Cto, la campagna di sensibilizzazione alla normotermia perioperatoria dal titolo ” Chirurgia senza brivido” promossa da 3M Salute con il coordinamento scientifico di Siaarti, Società italiana di anestesia analgesia rianimazione e terapia intensiva. Si comincia con il workshop del ciclo “Normo Days” volto alla diffusione delle Buone Pratiche Cliniche di Siaarti. Saranno 12 le città italiane dove si svolgeranno workshop itineranti dove saranno coinvolti capi di dipartimento, primari di anestesia e rianimazione, direzione sanitaria e Risk manager. Dopo Napoli sarà la volta di Milano. L’obiettivo è sempre lo stesso: offrire un percorso completo per la prevenzione dell’ipotermia.
Dall’indagine effettuata da Siaarti è infatti emerso che nella metà delle strutture non viene mai misurata la temperatura dei pazienti prima dell’ingresso in sala operatoria, e che meno della metà delle strutture effettuano il monitoraggio della temperatura corporea centrale, parametro clinico fondamentale. Al fine di sensibilizzare il personale medico alla necessità di monitorare la temperatura centrale sia in anestesia generale che loco-regionale e di riscaldare il paziente, Siaarti ha recentemente emanato le Buone Pratiche Cliniche per la normotermia, un documento di linee guida destinate agli operatori coinvolti lungo tutto il percorso chirurgico del paziente. Il documento, disponibile al sito www.siaarti.it/standardclinici, consiste in una serie di raccomandazioni, tra cui mantenere sempre il livello di 36 gradi corporei, effettuare il riscaldamento anche negli interventi della durata di trenta minuti, riscaldare sempre anche il paziente pediatrico ed effettuare un monitoraggio della temperatura centrale.
A tale proposito il manager di 3M Alessandro Lofoco, oltre ad aver evidenziato l’importanza di pazienti informati e del personale sanitario aggiornato sulle migliori pratiche cliniche, ha dichiarato: “Sino a ieri la misurazione delle temperature del paziente avveniva con sonde invasive, da un paio di anni invece, abbiamo la possibilità di usare una nuova strategia. Si tratta di un sensore che si posiziona a livello cutaneo e che registra il livello di temperatura centrale. E’ un metodo non invasivo e può essere applicato sia al neonato che all’anziano. Lo strumento è già in uso ma in una bassissima percentuale, circa il 5%, nonostante i costi molto bassi. Riscaldare il paziente in sala operatoria resta l’obiettivo primario per evitare rischiose complicanze”.
L’ipotermia, infatti, rappresenta una complicanza comune degli interventi chirurgici che interessa tra il 50 e il 90% dei pazienti sottoposti sia a operazioni chirurgiche maggiori sia a procedure brevi, un fenomeno che oltre ad arrecare disagio al paziente, comporta un aumento dell’incidenza di complicazioni associate all’ipotermia inattesa, quali maggiore rischio di mortalità o aumento del rischio di infezione della ferita chirurgica, con conseguente aumento dei costi per gli ospedali. L’ipotermia perioperatoria si manifesta in nove pazienti su dieci e comporta come complicanze brividi e minor comfort, un incremento del tasso di infezione del sito chirurgico, un allungamento dei tempi di recupero, il rischio mortalità e un impatto sui costi sanitari che può arrivare sino a 7000 euro per paziente. (AdnKronos)