Polvere di Luna e un raggio di Sole per colonizzare il nostro satellite? L’ESA ha la ricetta delle fondamenta del villaggio del futuro. La strada per la realizzazione di un prossimo insediamento lunare passa per la composizione delle infrastrutture a partire dalle basi, ovvero dai mattoni. Gli esperti del team del progetto Regolight – un esperimento inserito all’interno del programma Horizon 2020 – ne hanno plasmato alcuni delle dimensioni di 20x10x3, stampati attraverso la tecnologia 3D e cotti in una fornace solare tedesca.
Lo scheletro del mattone lunare, fatto di grani di polvere terrestre vulcanica – un materiale simile per composizione e dimensione a quello del suolo del nostro satellite – è stato creato attraverso un dispositivo di stampa 3D. A questo prototipo – spiega l’Agenzia Spaziale Italiana – sono stati aggiunti successivi strati di polvere spessi 0,1 mm ciascuno, cotti a 1000 gradi. Per completare l’opera sono state necessarie 5 ore.
La fornace solare utilizzata è stata quella del centro DLR di Colonia: il sistema di cottura funziona attraverso lo schieramento di 147 specchi curvi che indirizzano in un unico fascio ad alta temperatura la luce del Sole. E quando le nuvole la fanno da padrone in cielo – cosa frequente nell’Europa settentrionale – il lavoro della nostra stella lo fanno una serie di lampade allo xeno (quelle presenti nei proiettori cinematografici).
Sottoposti a prove meccaniche, i mattoni lunari sembrano assomigliare al gesso quanto a resistenza. Buoni dunque per costruire. Alcuni tra essi presentano deformazioni ai bordi – la parte più distante dal centro, che si raffredda più velocemente: per correggere il difetto, gli esperti pensano ad accelerare occasionalmente la velocità di stampa in modo da accumulare meno calore all’interno del mattone.
Imperfezioni a parte, i primi risultati mostrano che l’edilizia lunare è fattibile: ulteriori studi e simulazioni in condizioni di vuoto e temperatura simili a quelle della Luna, saranno in grado di dimostrare se le risorse in loco sono valide per produrre infrastrutture e hardware con il materiale lunare. E, più nell’immediato, se durante le calamità naturali sia possibile stampare strutture civili di emergenza con le risorse in situ e compattarle con la sola luce del Sole.