“La ricostruzione va lentamente per una serie di burocrazie, non legate alle persone ma al coordinamento degli uffici, che rallentano la macchina: io ad esempio per avere un’autorizzazione ho impiegato cinque mesi. Quindi se devo dire una cosa, la burocrazia tagliatela, come d’altronde dice anche il Papa. Ma oltre alla ricostruzione degli edifici, la ricostruzione piu’ grande che serve e’ quella sociale”. Sono le parole del vescovo di Ascoli Piceno, monsignor Giovanni D’Ercole, risponde sulla situazione nella città e nella diocesi duramente colpite dal Terremoto e sulle necessità più urgenti.
“C’è tantissima solidarietà e la popolazione non è lamentosa – sottolinea D’Ercole, durante la presentazione a Roma della rassegna I Teatri del Sacro, che si terra’ ad Ascoli dal 4 all’11 giugno – Io sono andato fra i terremotati ospitati lungo la costa (le prime casette ad Arquata del Tronto arriveranno ora) e quello che la gente mi dice è ‘caro vescovo, voi ci avete dato tutto, ma abbiamo bisogno di essere ascoltati’. Quindi non solo dare le case, ma dare anche la possibilità di ascolto”.
Secondo il presule, “nel cuore di chi ha perso tutto c’è un misto di rabbia e di speranza. Bisogna poterle esprimere. Il tempo occorrerà per sanare le ferite ma servono anche coraggio e speranza. La ricostruzione delle case verrà, ma bisogna ascoltare. E ascoltando le persone, le si aiuta”. “La ricostruzione non durerà un giorno, né un mese, ma anni – aggiunge mons. D’Ercole -. Quindi bisogna prepararsi a un grande lavoro di accompagnamento delle persone. E in questo, devo dire, sono anche aiutato da tanti giovani, centinaia di volontari, per un lavoro che servirà anche a far sentire i terremotati non assistiti ma protagonisti”.