L’obiettivo era arrivare a un’intesa con medici di famiglia e pediatri di libera scelta della Lombardia per la somministrazione dei vaccini anti-meningite nei loro studi, visto il boom di richieste degli ultimi mesi e le lunghe code per le iniezioni scudo in co-pagamento. Ma la trattativa avviata dalla Regione con i sindacati di riferimento ottiene un risultato a metà: va in porto l’accordo con i pediatri (il loro sindacato seduto al tavolo, cioè la Fimp, ha firmato); nulla di fatto invece per i medici di famiglia, perché sul documento proposto da Palazzo Lombardia i sindacati si sono spaccati, con le due sigle più rappresentative ferme su fronti opposti. Da un lato la Fimmg (Federazione italiana medici di medicina generale) Lombardia che ha scelto di aderire sottoscrivendo un testo “in parte revisionato e ritenuto ora in linea con i suggerimenti avanzati”.
Dall’altro lo Snami (Sindacato nazionale autonomo dei medici italiani) che invece non ha firmato e ha ribadito il no “a un documento che non prende in considerazione tre osservazioni ritenute dal sindacato fondamentali: il nodo delle responsabilità per eventuali effetti collaterali e della copertura assicurativa, il rimborso per la vaccinazione ritenuto troppo basso, la ‘sburocratizzazione’ del percorso da seguire per ogni iniezione scudo, ritenuto troppo farraginoso”. In linea con la posizione di Snami anche le altre sigle minori. E poiché la Fimmg, che rappresenta il 42% dei camici bianchi della regione, da sola non basta a raggiungere la maggioranza. L’accordo salta. “Un’occasione persa”, tuona Fiorenzo Corti, segretario regionale Fimmg Lombardia, commentando all’AdnKronos Salute l’epilogo del confronto di oggi.
“A perderci saranno i cittadini di questa regione che non potranno rivolgersi a tutti i medici di famiglia per sottoporsi alla vaccinazione. E’ un elemento di grande delusione ,in un momento in cui il medico di famiglia deve porsi come riferimento anche per la gestione dei suoi malati cronici e per tutta l’area della prevenzione, in modo particolare per i nuovi vaccini che non coinvolgeranno solo l’area pediatrica ma anche gli adulti”. Questo, incalza Corti, “vuol dire sottrarsi a una responsabilità e perdere l’occasione di occuparsi di un’area tipica delle cure primarie. E’ una sconfitta per la medicina generale lombarda. Penso soprattutto ai cittadini: si è persa un’ulteriore occasione per offrire loro migliori servizi. So che la battaglia non è persa perché, a parte l’area metropolitana di Milano, in tutto il resto della Lombardia – e mi riferisco soprattutto a Varese, Como, Monza-Brianza, Mantova, Cremona, Bergamo e Brescia – penso che ce la faremo a promuovere questo tipo di attività con accordi con le singole Ats. Così il 70% della popolazione lombarda potrebbe rivolgersi al proprio medico per la vaccinazione anti-meningococcica. Come Fimmg ci impegneremo per garantire che perlomeno 2 mila medici su 6 mila sostengano questo tipo di progetto”.
Per Snami la mancata risposta alle tre obiezioni avanzate “è insormontabile – sottolinea all’AdnKronos Salute Adriano Bampa, vice presidente di Snami Lombardia – Siamo sì distanti sul costo che viene riconosciuto alla nostra prestazione (riteniamo che non debba essere 9,95 euro come si propone in base a una vecchia convenzione e che vada rivalutato a 20, comunque una ‘tariffa sociale’), ma non solo”. L’accordo, ricorda poi, punta a smaltire le lunghe code che si sono create per il boom di prenotazioni del vaccino anti-meningite a prezzi scontati per le categorie non incluse nelle fasce di gratuità.
“Non c’è dunque un motivo sanitario-scientifico – osserva Bampa – non si è registrato in Lombardia un aumento della mortalità da meningite o dei contagi. Ci sono liste d’attesa legate a una reazione di pancia delle persone, provocata dall’enfatizzazione di alcuni casi”. A pesare sulla posizione tenuta da Snami è anche “il meccanismo burocratico che va seguito – aggiunge Bampa – Il paziente va contattato e deve firmare il consenso, poi deve andare a saldare il co-pagamento sia per il vaccino che per la vaccinazione. Una volta saldato, noi medici dobbiamo prenotare e andare a ritirare le dosi. Poi, quando il paziente viene in studio, si fa il vaccino e lo si tiene in osservazione il tempo necessario a verificare l’assenza di reazioni avverse. A quel punto va registrata e inviata la ricevuta tramite collegamento online. Abbiamo suggerito che il ritiro del vaccino lo faccia il paziente stesso. Anche perché noi siamo già carichi di burocrazia e rischiamo di togliere ulteriore tempo all’attività clinica”. “Solo se venissero accolte le nostre richieste apriremmo a un accordo –conclude Bampa – Ma questo non vuol dire che non somministriamo i vaccini ai nostri assistiti che si presentano in studio, li facciamo in libera professione. La generosità la applichiamo a loro nel caso ne avessero bisogno, non alla Regione se vuole imporci un accordo che non condividiamo”. (AdnKronos)