Brexit, il Presidente del Cnr: “Può essere una buona occasione per l’Italia”

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Una potenziale “disavventura” in grado di trasformarsi forse in “un’occasione” per l’Italia. E’ l’interpretazione della Brexit data dal professor Massimo Inguscio, presidente del Consiglio nazionale delle Ricerche (Cnr), sentito dall’ANSA durante un convegno sull’argomento ospitato oggi al King’s College con la collaborazione dell’ambasciata d’Italia a Londra e cui hanno partecipato circa 500 degli oltre 5000 scienziati e accademici italiani trapiantati nel Regno Unito. Una comunità che vive con una certa apprensione la prospettiva del divorzio Gran Bretagna-Ue e che tuttavia non pare destinata secondo Inguscio a un “rapido” e generalizzato “controesodo” verso l’Italia.

Ma verso la quale possono comunque essere “lanciati nuovi ponti di dialogo” attraverso l’avvio dei progetti per “la valorizzazione di talenti” e lo sviluppo di “infrastrutture“, in settori di ricerca come “la medicina, i beni culturali, l’informatica o l’ambiente”, già previsti dagli investimenti del Pnr: il piano nazionale delle ricerche.

Insistendo sulla possibilita’ di fare della Brexit un’occasione, il presidente del Cnr ha quindi rivendicato un ruolo guida all’istituzione di cui e’ al vertice, sottolineando come nella sua storia – dall’epoca dell’alluvione di Firenze in avanti – lo stesso Cnr abbia “fatto della resilienza un’arte”. Nello stesso tempo, il professor Inguscio ha notato come si sia “fatta scienza anche con la cortina di ferro”, mostrandosi convinto che in fin dei conti la Brexit non interrompera’ l’interscambio nell’ambito della ricerca e degli studi accademici.

Mentre ha indicato proprio il modello britannico, capace di creare le condizioni per reclutare talenti in gran numero a livello internazionale, come “un esempio per l’Italia”, che su questo fronte resta piu’ debole. Il vero problema italiano – ha detto – non e’ rappresentato “tanto da coloro vanno fuori a coprirsi di gloria”, i cosiddetti cervelli in fuga, semmai dalla difficolta’ ad attrarre a nostra volta verso al penisola studiosi stranieri. Senza dimenticare poi “i 4000 ricercatori precari” di casa nostra, ha aggiunto Inguscio, ricordando d’averne incontrato pochi giorni fa una delegazione di 400: ricercatori anche loro, che fanno il paio in qualche modo con i 500 italiani d’Inghilterra ritrovatisi oggi a Londra.

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