Sono oramai oltre la metà le regioni italiane, sia del nord che del centro -sud in cui si registrano problemi di carenza idrica a causa del caldo e della siccità di questi giorni. Molti sindaci stanno emettendo le solite ordinanze sciocche con le quali vietano di bagnare piante e fiori o di irrigare i giardini nelle ore più calde. Si tratta di paliativi che provocano piu danni che benessere in quanto le piante se fatte seccare rischiano di essere un boomerang per la nostra stessa salute. Sono altri gli interventi sugli sprechi e sull’uso dell’acqua potabile e non potabile che andrebbero ordinati non solo dai sindaci ma innanzitutto dal governo e dai governatori delle venti regioni italiane.
Primo tra tutti la chiusura dei macelli (veri templi della morte) in quanto l’utilizzo di acqua durante la macellazione è enorme, ma anche mettere in campo una legge che preveda la riduzione (oggi parlare di chiusura diventa davvero difficile) degli allevamenti intensivi di almeno il 50% nei prossimi dieci anni. Per una fiorentina al sangue occorrono qualcosa come 4.000 litri d’acqua, ma l’elenco degli sprechi è lunghissimo alcuni esempi per un chilo di carne di maiale nel ciclo vitale si usano 6.000 litri d’acqua, Per un chilo di carne bovina secondo l’istituto di ingegnerieaalondinese Ime (Institution of Mechanical Engineers) per produrre un chilo di carne si arriva a usare 20.000 litri d’aqua. E poteremmo andare avanti con un lunghissimo elenco. Senza contare poi l’acqua usata per produrre cibo che non mangiamo e gettiamo via.
“La nostra non è una provocazione ma una seria proposta- ci dice Lorenzo Croce presidente di AIDAA- con i cambiamenti climatici occorre sempre più mettere mano a forme di risparmio idrico, e non è vietando di innaffiare le piante o i giardini che si risolve il problema, ma con una seria politica di controllo idrico e noi crediamo che la vera riduzione seria di spreco stia nella riduzione progressiva degli allevamenti intensivi e della macellazione di animali che è di gran lunga superiore rispetto alla richiesta ed ancora di più rispetto al reale consumo di carne”.