Il cambiamento climatico sta provocando e provocherà ondate di calore che rischiano di divenire la norma e che comunque saranno più intense, più frequenti e prolungate: lo sottolinea il WWF Italia (che con uno specifico appello del suo comitato scientifico per il G7 Ambiente tenutosi a Bologna, aveva già con forza sottolineato il punto), sulla base anche dei rapporti dell’IPCC (Panel scientifico dell’ONU) e delle altre autorevoli istituzioni scientifiche, inclusa l’Organizzazione Metereologica Mondiale (WMO) e degli scenari per l’Italia realizzati dal Centro Euromediterraneo per i cambiamenti climatici (CMCC).
Il Deutscher Wetterdienst (DWD), che agisce anche come Centro regionale per l’Europa del WMO, ha lanciato un allerta valido almeno sino al 25 luglio, prevedendo un periodo di temperature significativamente al di sopra della norma e ondate di calore per tutto il Mediterraneo Occidentale (dal Portogallo ai Balcani Occidentali), a rischio, quindi, anche l’Italia. Un’ondata di calore è in corso anche negli USA, in particolare in Nevada, Arizona, parte della California e Las Vegas. Le temperature negli Emirati Arabi Uniti hanno raggiunto i 50°C il 17 maggio, in nella regione del Kuzestan in Iran la stessa temperatura si è registrata il 17 giugno, mentre a Turbat, in Pakistan, si sono toccati i 54°C.
Ma al di là della portata attuale del fenomeno, sono i periodi di prolungata siccità, come quello di cui c’era contezza da almeno sei mesi in Nord Italia, che devono destare preoccupazione. Mentre la comunità globale e ogni singolo Paese hanno il dovere di intervenire per ridurre drasticamente e per sempre le emissioni di gas climalteranti, a cominciare della CO2, in modo da limitare il riscaldamento globale a 1,5°C ed evitare il cambiamento climatico più disastroso, occorre provvedere immediatamente a misure, cosiddette di adattamento, che non solo assicurino una gestione oculata delle risorse idriche, ma affrontino l’esponenziale rischio di siccità con un’equa ripartizione delle risorse idriche che eviti i possibili conflitti che già serpeggiano. Le guerre per l’acqua non riguardano solo paesi lontani, ma mettono a rischio la vita e la coesione sociale di tutte le comunità.Il rischio è costituito dal conflitto tra i bisogni vitali e sanitari della popolazione e quelli dei settori economici, dall’agricoltura all’industria, alla stessa produzione energetica termoelettrica, che usa moltissima acqua (le centrali a carbone più di tutte, oltre 4 mila litri per Megawattora). La produzione di energia idroelettrica sarà, ovviamente, fortemente limitata e il WWF richiama contestualmente anche a un’oculata gestione dei bacini idrografici per la tutela degli ecosistemi fluviali, avviando urgentemente una diffusa azione di riqualificazione per il ripristino dei loro servizi ecosistemici, fortemente compromessi dal consumo di suolo e dall’artificializzazione della rete idrica superficiale (canalizzazione degli alvei, ploriferazione di sbarramenti, traverse e invasi artificiali…)
Il caso del Lago di Bracciano, dove i Sindaci denunciano una situazione grave dell’ecosistema lacustre e, nel contempo, principale serbatoio di acqua per gli abitanti di Roma e per le attività agricole della provincia, può diventare il simbolo di un conflitto che vedrà tutti perdenti, o un caso pilota dove intervenire per proteggere l’ecosistema, unica garanzia anche per un approvvigionamento che duri nel tempo, e per una oculata ed equa gestione della risorsa acqua per il beneficio della collettività.