L’introduzione dei microchip nei camici del personale medico fa discutere in Liguria dallo scorso fine settimana. In particolare i consiglieri del Pd, Raffaella Paita, Pippo Rossetti, Walter Ferrando e Giovanni Lunardon, hanno presentato un’interrogazione in Consiglio regionale della Liguria per chiedere alla giunta di fare ufficialmente chiarezza sull’introduzione di microchip all’interno dei camici del personale ospedaliero. L’obiettivo è sapere in quale strutture il provvedimento sia gia’ attivo, dove sia previsto in futuro e capire se la Regione sia intenzionata a porre rimedio allo scavalcamento di qualsiasi accordo sui sindacati su un’iniziativa cosi’ delicata.
“Alisa- ricostruiscono le tappe i consiglieri dem- ha bandito una gara per il lavaggio della biancheria utilizzata nelle Asl e negli ospedali della Liguria che prevede l’inserimento di un microchip nei camici dei dipendenti della sanita’ ligure“. E “anche se l’inserimento di tale dispositivo rappresenta un fatto potenzialmente lesivo della privacy dei lavoratori, in quanto i loro spostamenti potrebbero essere individuati costantemente, la questione non e’ stata oggetto di alcun accordo sindacale o informativa all’indirizzo dei lavoratori”.
Nei giorni scorsi, la giunta aveva spiegato attraverso la vicepresidente regionale e assessore alla Sanita’, Sonia Viale, che “l’obiettivo del microchip e’ garantire un efficientamento del sistema per evitare sprechi e ‘dimenticanze’ dei camici al di fuori degli ospedali, assicurando una corretta contabilizzazione dei materiali forniti, una maggiore sicurezza rispetto alle norme igieniche e antincendio, una maggiore qualita’ dei tessuti anche a garanzia del decoro delle divise e della biancheria utilizzate”. Il dispositivo, dunque, sostituirebbe il codice a barre che per Walter Locatelli, commissario straordinario di Alisa, si sarebbe mostrato “insufficiente e non idoneo a garantire la correttezza dei dati e frenare gli sprechi“. Infine, anche il presidente della Regione, Giovanni Toti, ingaggiando il solito botta e risposta con la capogruppo dem, Raffaella Paita, su Facebook aveva sottolineato che chi non ha nulla da nascondere non deve aver paura di essere controllato sul posto di lavoro.