Le telecamere del TG1 puntate su “Aladin“, progetto POR FESR di ricerca industriale strategica finanziato dalla Regione Emilia-Romagna e coordinato dal Centro Interdipartimentale Energia Ambiente (CIDEA) dell’Università di Parma. “Aladin” è stato l’oggetto di un servizio registrato nei giorni scorsi da una troupe del telegiornale di Rai1 all’Azienda Agraria Sperimentale Stuard, dove le nuove tecnologie di progetto vengono sperimentate sul campo.
Nel contesto delle ripetute fasi siccitose – spiegano – che impattano in particolare sul mondo dell’agricoltura, il progetto dell’Università di Parma (coordinato dai prof. Renzo Valloni, Stefano Caselli e Gianfranco Forlani del Dipartimento di Ingegneria e Architettura a cui partecipano collaboratori del Dipartimento) risulta di grande attualità, avendo come obiettivo lo sviluppo di tecnologie innovative e di nuovi e servizi mirati all’automazione integrale dell’irrigazione detta “di precisione”, fatta sia a getto sia con ala piovana, anche su piccoli appezzamenti.
L’inviata del TG1 Carlotta Mannu ha chiesto le ragioni che hanno determinato la crisi idrica, con conseguente dichiarazione di stato di calamità in Emilia occidentale. Al proposito è stato spiegato che il nostro territorio è andato incontro a un inverno senza neve in montagna, a piogge inferiori alla norma in inverno e in primavera, a temperature elevate fin dalla tarda primavera e a onde di calore fin da inizio estate. In queste condizioni alla scarsità d’acqua si assomma la maggiore evapotraspirazione per le temperature massime particolarmente alte, con effetti molto negativi sull’agricoltura. Sono state filmate dal vivo le possibili strade da percorrere per attenuare l’impatto sull’agricoltura della crisi idrica in atto, o più in generale degli effetti del cambiamento climatico in corso.
Gli agronomi dell’Azienda Agraria Sperimentale Stuard hanno mostrato alcune azioni di adattamento, quali il passaggio a varietà o colture a minor esigenza idrica (es. sorgo) e l’adozione di tecniche colturali per il trattenimento dell’acqua nel suolo (es. pacciamatura). I ricercatori dell’Università di Parma hanno praticamente illustrato il loro protocollo, chiamato appunto “Aladin”, che consente un uso ottimale dell’acqua e quindi un risparmio idrico. “Aladin” prevede un insieme di soluzioni innovative che si sviluppano in una successione di azioni: dalla rilevazione dell’esigenza idrica di una coltura, in particolare mais e pomodoro, alla distribuzione diversificata dell’acqua nei diversi settori di un appezzamento.
Le aziende agricole che vorranno adottarlo dovranno preliminarmente georeferenziare gli appezzamenti e operare con irrigatori evoluti, di cui si conosca in ogni istante la posizione GPS, equipaggiati con l’elettronica special purpose di “Aladin”. La successione di azioni prevede: la misura dell’esigenza idrica con sensori al suolo, un drone o altro; la trasmissione dei dati al centro servizi Aladin che calcola una mappa di prescrizione, vale a dire i mm d’acqua da distribuire nelle diverse zone dell’appezzamento; l’invio della mappa di prescrizione all’agricoltore che, sempre dal suo palmare, trasmette la lista comandi all’irrigatore che dà inizio all’irrigazione automatica a rateo variabile. In pratica, sono tutte attività gestite da remoto e in cui l’agricoltore deve solo disporre di un palmare con installata l’App Aladin.