Terremoto, Curcio: “La prevenzione ci ha permesso di affrontare un sisma 6.5 Richter senza vittime”

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Il 30 ottobre 2016 la scossa di terremoto tra Umbria e Marche ha fatto segnare un livello di 6,5 punti sulla scala Richter, la più forte in Italia dal 1980. Le conseguenze sono state devastanti per il territorio, ma non ci sono stati morti. Ne ha parlato Fabrizio Curcio, capo della Protezione civile, ospite del secondo appuntamento degli Incontri di Paolo Mieli, il format concepito dal gruppo Hdrà che da quattro anni è parte integrante del programma del sessantesimo Festival dei 2 Mondi di Spoleto.

“Un 6,5 che non ha portato morti è un fenomeno praticamente unico – ha spiegato Curcio – ed è un risultato figlio di un’azione importante di prevenzione e formazione fatta sul territorio. Paradossalmente, pero’, la mancanza di vittime non ha restituito all’opinione pubblica la reale percezione di un dramma tremendo che ha ferito il territorio”. E proprio Spoleto con il suo territorio, pronto al riscatto e al rilancio dopo il sisma, rappresenta il tema conduttore della rassegna di Mieli, che vede sfilare 10 grandi protagonisti della vita politica, economica, sociale e culturale del nostro Paese. Curcio vede nella società 2.0 un rischio, più che un’opportunità nella gestione dell’emergenza.

La sequenza di scosse del 2016 – ha spiegato – è la prima avvenuta da quando c’è l’uso massivo dei social, che creano uno stato d’ansia costante che non aiuta i cittadini che vivono questa situazione, costantemente avvisati dagli smartphone magari soltanto per un sisma del 2,1, che altrimenti non avrebbero nemmeno sentito o sarebbe stato confuso con il passaggio di un autobus. Questo non aiuta a restituire serenità”. “Il web – ha aggiunto – può essere un generatore d’ansia costante se non c’e’ adeguata preparazione e conoscenza del fenomeno attraverso una formazione e un’informazione che consentano di valutare gli eventi con i giusti parametri. Ognuno pretende risposte o previsioni, ma soprattutto in tema di terremoti le risposte molto spesso non possono essere date. E fatalmente una società moderna abituata ad avere risposte su tutto questo non lo accetta”.

 

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