Non si ferma il botta e risposta tra Regione VENETO e Governo sui Pfas, le sostanze perfluoro alchiliche che stanno diventando un caso dopo che ieri il governatore Luca Zaia ha accusato l’Esecutivo di scaricare responsabilità, negando la necessità di fissare limiti nazionali per la concentrazione di questi contaminanti nelle acque potabili. Dopo aver già replicato ieri sera a Zaia – e dopo le dichiarazioni di oggi dei ministri della Salute e dell’Ambiente, Beatrice Lorenzin e Gian Luca Galletti – torna a parlare Ranieri Guerra, direttore generale Prevenzione del dicastero di lungotevere Ripa.
“La Regione – afferma in una nota – non può invocare autonomia nell’attuazione dei Piani vaccinali nazionali e dimenticare la propria responsabilità nell’attuazione di misure che la vedono in primissima linea sia per quanto accaduto che per quanto è stato finora compiuto. Non sono i limiti che vengono posti in discussione, ma la realizzazione di un Piano complessivo di sicurezza, in base all’analisi di rischio del quale vengono poi fissati i limiti”.
Spiega Guerra: “Riguardo alla richiesta della Regione VENETO di individuare valori di parametro da estendere a tutto il territorio nazionale, pur non volendo escludere a priori tale ipotesi, il ministero della Salute ha richiamato l’attenzione della Regione sul decreto ministeriale del 14 giugno scorso – del ministro della Salute di concerto con il titolare dell’Ambiente – che recepisce la Direttiva europea 1787 del 2015. Il Dm introduce l’attuazione dei Piani di sicurezza sull’intero sistema idro-potabile”, e “l’attuazione dei Piani di sicurezza è in capo all’amministrazione locale per evidenti motivi di appropriatezza e rilevanza della questione relativa al territorio in discussione. Si tratta pertanto di attuare principi di vera prevenzione su tutto il sistema di approvvigionamento idrico del territorio italiano, a partire dalla Regione VENETO”.
Il Dm Salute-Ambiente “rappresenta – evidenzia Guerra – la più innovativa metodologia di prevenzione e controllo degli inquinanti potenzialmente presenti nei sistemi idro-potabili, elaborata e promossa dall’Organizzazione mondiale della sanità (Water Safety Plant). Tale metodologia consente un cambio di passo nelle attività di prevenzione, permettendo di monitorare tutto il sistema di captazione e adduzione delle acque, analizzando e censendo ogni rischio di contaminazione sin dall’origine”.
Infatti, “l’attuale sistema di controlli si limita alla verifica periodica di parametri al rubinetto, chiaramente insufficiente per comprendere l’intero e complesso sistema di gestione dell’acqua”.
“L’ipotesi, esclusa solo al momento – ribadisce il Dg Prevenzione del ministero della Salute – di estendere valori di parametro dei Pfas su tutto il territorio nazionale”, può attendere perché “allo stato delle conoscenze si riscontrano solo sporadici ritrovamenti di Pfas dovuti a fenomeni d’inquinamento del territorio italiano puntuali e localizzati, dove oltre il 90% dei campioni analizzati hanno concentrazione molto bassa, inferiore a 50 ng/L., mentre l’inquinamento della falda veneta – puntualizza Guerra – è un fenomeno diffuso su ampie aree della Regione stessa e rappresenta un episodio di inquinamento completo di una falda su un territorio ben preciso e identificato grazie, appunto, alla collaborazione prestata dal ministero della Salute e dall’Iss”.