G7: la Tac del futuro anche per opere in pietra e marmo

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La Tac del futuro per le opere d’arte, su cui l’Universita’ di Torino ha lanciato in occasione del G7 della Scienza un progetto internazionale, permetterà di intervenire sia su oggetti di grandi dimensioni, che su opere di pietra e marmo. Permetterà una diagnosi piu’ precisa dei danni e, di conseguenza, interventi piu’ mirati. Risulta inoltre trasportabile e ad alta tecnologia. 

Alla delegazione del G7, tra cui la ministra Valeria Fedeli e il commissario europeo Carlos Moedas, il rettore Gianmaria Ajani e il responsabile dell’Innovazione e della Competitivita’ Germano Paini, hanno spiegato la fattibilita’ della macchina che, partendo da quella attuale, vecchia di cinque anni, sarebbe capace di intervenire su oggetti e manufatti di grandi dimensioni e in maniera molto piu’ sofisticata. Sarebbe, inoltre, mobile, trasportabile sui luoghi dove si ritiene necessaria.

Era il 2012 quando l’Istituto Radiologico delle Molinette di Torino mise in funzione la Tac scoprendo tutti i segreti ancora nascosti della mummia di Shepsestaset, Iside La Nobile, vissuta in epoca tolemaica. La tecnologia, nel frattempo, si è evoluta e sarebbe in grado di offrire nuove prestazioni. Da qui l’idea dell’ateneo torinese di costruire, in open science, la Tac del futuro. Universita’ di Torino, Istituto nazionale di Fisica Nucleare (Infn) e Centro di Conservazione e Restauro de La Venaria Reale, mettono a disposizione di tutte le comunita’ scientifiche internazionali l’intera documentazione del progetto (piante, disegni, calcoli, immagini, test) e il loro know-how.

Durante la visita al Centro de La Venaria, terzo polo nazionale del restauro insieme a quelli di Roma e Firenze, la ministra Fedeli “ci ha chiesto – ha riferito il rettore – se e’ possibile ospitare in questi spazi altre attivita’ didattiche e noi abbiamo risposto positivamente. Qui e’ gia’ stato attivato il primo corso di laurea per la formazione dei restauratori di beni culturali”. Il Centro collabora anche con l’Istituto Centrale del Restauro, l’Opificio delle Pietre dure di Firenze e con l’Istituto Centrale per la Patologia del Libro.

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