Continua la brama di avorio nel mondo, non è bastato lo stop alla caccia agli elefanti, massacrati e a rischio estinzione per via delle loro zanne. I cacciatori hanno dunque trovato una soluzione alternativa alla caccia all’elefante: quella all’ippopotamo. Una caccia così spietata che, se si prosegue con questi ritmi, il mite animale rischia di scomparire dalla faccia della Terra entro un secolo.
Addormentati o uccisi a distanza, è facile trovare i corpi degli ippopotami con la bocca aperta, insanguinati e privati dei loro denti. Sin dal 1989, anno in cui il commercio di zanne di elefanti fu messo al bando, sono loro le nuove vittime di un mercato (nero) globale. E il trend, suggerisce un recente studio pubblicato sull’African Journal of Ecology, è sempre in aumento. I denti degli ippopotami sono più facili da contrabbandare in molti Paesi del mondo in cui il loro commercio è ancora legale, oltretutto il costo sul mercato globale è più basso rispetto a quello delle zanne.
Il prezzo reale da pagare per indossare un ciondolo d’avorio o per esporre in casa un oggetto in bella vista è l’estinzione di questi animali. Mentre il cugino pachiderma e’ protetto in gran parte del mondo da normative internazionali, l’ippopotamo non domina ancora le classifiche per la conservazione della specie. In particolare infatti, mentre l’elefante è inserito nell’Appendice I della Convenzione sul commercio internazionale di flora e fauna selvatica in pericolo (CITES), mentre l’ippopotamo è nell’Appendice II.
Quali sono le rotte di questo traffico? Il 75% del totale dei denti in commercio viene estratti in Uganda e in Tanzania, nonostante la pratica sia vietata dal 2014. Oltre il 90% di questi prodotti viene spedito Hong Kong, dove viene importato e poi ri-esportato. E dai dati registrati ad Hong Kong, viene fuori che la percentuale di denti di ippopotamo derivante dall’Uganda e dalla Tanzania è ancora più alta.