“Sara’ impossibile fare pace con le istituzioni, perche’ sappiamo tutti che non e’ stata colpa della natura, ma di un errore umano, a partire dalla centralinista che ha risposto alle prime richieste di aiuto per arrivare a chi governa questa regione e questo Paese”. Lo ha detto Gianluca Tanda, del “Comitato vittime di Rigopiano”, nel corso della manifestazione che i familiari di alcune delle 29 persone morte nel resort di Farindola (Pescara), travolto da una valanga il 18 febbraio scorso, stanno tenendo davanti alla Procura di Pescara, per chiedere “risposte” e “giustizia”, a nove mesi dalla tragedia che li ha colpiti.
Molti i familiari delle vittime che indossano magliette bianche con le scritte “29 angeli” e “Hotel Rigopiano”. Esposti inoltre diversi striscioni, tra i quali uno che recita: “I nostri angeli meritano giustizia. Noi la chiediamo per loro”. “Qui si giustificano con i tagli – ha proseguito Tanda -. Ma se non hai i soldi chiudi la strada e fai andare via le persone dall’albergo”. Tanda ha detto che il “comitato si aspetta risposte, visto che la situazione e’ la stessa di nove mesi fa e non ci sono stati rapporti con le istituzioni”.
“Ci aspettiamo che qualcuno ci dica a che punto siamo su questa vicenda. L’ultimo rapporto che abbiamo avuto con le autorita’ risale al giorno in cui ci hanno riconsegnato le salme dei nostri familiari”. afferma Marco Foresta, uno dei familiari, “per manifestare contro il silenzio assordante della macchina della giustizia” e per “l’assenza di risposte che da tanto aspettiamo e che non abbiamo ancora avuto”.
All’ iniziativa sono presenti tutti i familiari riuniti nel “Comitato vittime di Rigopiano”. Nel frattempo i legali stanno incontrando il procuratore capo della Repubblica di Pescara Massimiliano Serpi, e il sostituto procuratore Andrea Papalia, per fare il punto della situazione sullo stato delle indagini.
Foresta, che nella tragedia ha perso entrambi i genitori, ha sottolineato che “e’ importante per tutti noi arrivare alla ricostruzione della verita’. Quello che ci fa arrabbiare e’ che nessuna autorita’ ci abbia chiesto come stiamo e se abbiamo dei problemi. Dopo nove mesi abbiamo le stesse incertezze di quei giorni”. “I nostri legali – ha aggiunto – sono entrati a parlare con i procuratori. Non sappiamo cosa verra’ detto e se verra’ detto qualcosa, visto che ci sono le indagini in corso. Al momento non abbiamo speranza”. Nella vicenda sono indagati il sindaco di Farindola Ilario Lacchetta, il tecnico comunale Enrico Colangeli, il presidente della Provincia di Pescara Antonio Di Marco, Bruno Di Tommaso, gestore dell’albergo e amministratore e legale responsabile della societa’ “Gran Sasso Resort & SPA”, Paolo D’Incecco e Mauro Di Blasio, rispettivamente dirigente e responsabile del servizio di viabilita’ della Provincia di Pescara. Le ipotesi di reato sono omicidio e lesioni colpose e rimozione od omissione dolosa di cautele contro infortuni sul lavoro.
“Non e’ colpa mia”, ed e’ scappata piangendo. E’ la reazione della funzionaria della prefettura di Pescara, che il 18 gennaio scorso non credette alle prime richieste d’aiuto arrivate via telefono dal cuoco Quintino Marcella per segnalare la tragedia avvenuta a Rigopiano, al blitz compiuto stamani in prefettura dal superstite Giampaolo Matrone, dai familiari delle vittime Gianluca Tanda e Marco Foresta. “Le ho fatto vedere in che condizioni e’ la mia mano e le ho detto che mi ha rovinato la vita, visto che mia figlia non ha piu’ la mamma – ha detto Matrone ai cronisti -. Sono contento perche’ per la prima volta, dopo tutte le nostre lacrime, ho visto uno dei responsabili versare qualche lacrima.”