La terra vista dallo spazio, “con gli occhi di Dio“, è “molto fragile“: è il commento di Papa Francesco che, questo pomeriggio per venti minuti, si è video-collegato con la stazione spaziale internazionale dal Vaticano. “Buongiorno o buonasera, perché quando si è nello spazio mai si sa, penso che lì nella stazione spaziale le giornate scorrono in modo diverso, vero?”, ha esordito il Papa.
“Ringrazio voi e quanti hanno organizzato questo collegamento che mi dà la possibilità di incontrarvi e di rivolgervi alcune domande. Comincio subito con la prima domanda: l’astronomia ci fa contemplare gli orizzonti sconfinati dell’universo e suscita in noi le domande da dove veniamo dove andiamo. Chiedo a lei, Dottor Nespoli, alla luce delle sue esperienze nello spazio qual è il suo pensiero sul posto dell’uomo nell’universo?”.
“Santo Padre”, ha risposto l’italiano Paolo Nespoli che è stato il principale interlocutore del Papa per via della lingua, “questa è una domanda complessa, io sono una persona tecnica, un ingegnere, quando si parla di queste cose rimango anch’io perplesso, è un discorso molto delicato. Penso che il nostro obiettivo qua è quello di conoscere il nostro essere, riempire la conoscenza, capire quello che ci sta attorno. Più conosciamo e più ci rendiamo conto di conoscere poco. Mi piacerebbe che persone come lei, non solo ingegneri e fisici, teologi, filosofi scrittoi poeti venissero qui nello spazio per esplorare cosa vuole dire avere un essere umano nello spazio“.
“E’ vero quello che lei dice”, ha commentato il Papa, “ma in questa sala da cui vi sto parlando si trova, come vedete, un arazzo artistico ispirato a Dante, ‘l’amor che muove il sole e le altre stelle’. Vi chiedo che senso ha per voi che siete tutti ingegneri e astronauti chiamare amore la forza che muove l’universo?” A rispondere, questa volta, con la successiva traduzione di Nespoli, è stato il russo Segey Ryazanskiy, che ha fatto riferimento “a un libro che sta leggendo qua sopra, il piccolo principe di Saint Exupery, la storia del ragazzo che darebbe volentieri la propria vita per tornare piante e animali sulla terra e sostanzialmente l’amore è quella forza che ti dà la capacità di dare la tua vita per qualcuna altro”.
“Mi piace quella risposta“, ha replicato il Papa, “senza amore non è possibile dare la propria vita per qualcun altro. Si vede che lei ha capito quel messaggio che tanto poeticamente spiega Saint Exupery e che voi russi avete nel sangue, nella vostra tradizione tanto umanistica e tanto religiosa, grazie. Questa – ha proseguito Bergoglio – è una curiosità, dicono che solo le donne sono curiose, anche noi uomini siamo curiosi: cosa vi ha motivato a diventare astronauti cosa maggiormente vi dà gioia nel tempo che passate nella stazione spaziale?“.
“Rappresentiamo qui diversi paesi del nostro pianeta e ognuno di noi ha la sua storia“, ha risposto l’astronauta russo Alexander Misurkin, “la sua via di diventare cosmonauta, la mia storia è iniziata con mio nonno, ingegnere capo nel primo satellite, Sputnik, e io ho deciso di continuare quanto lui ha fatto con nuove tecnologie e nuova scienza”.
Lo statunitense Randolph Bresnik ha detto: “Quello che mi dà gioia ogni giorno guardare fuori e vedere la creazione di Dio, indescrivibile bellezza senza essere toccati nell’anima. Mentre vediamo la terra, non si vedono guerre e conflitti, l’atmosfera è estremamente fine e labile e guardare la terra in questo modo ci fa pensare al fatto che tutti dovremo collaborare per un futuro migliore”.
“Mi è piaciuto tanto”, ha commentato Papa Francesco, “quello che avete detto, il primo andato alle proprie radici, è andato dal nonno, e lei che viene dall’America è riuscito a capire che la terra è troppo fragile, è un momento che passa, sei chilometri al secondo ha detto il dottor Nespoli, è una cosa molto fragile, fina l’atmosfera, e tanto capace di fare del male, di distruggersi, e lei è andato a guardare con gli occhi di Dio: il nonno e Dio, le radici e la nostra speranza e forza. Mai dimenticare le radici, questo mi fa bene sentirlo da voi, grazie”.
Il Papa ha fatto un’altra domanda: “Viaggiare nello spazio modifica tante cose che si danno per scontato nella vita quotidiana, ad esempio l’idea del su e del giù, c’è qualcosa in particolare che vivendo nella stazione spaziale vi ha sorpresa, e c’è al contrario qualcosa che vi ha colpito perché ha trovato conferma anche in un contesto così diverso?”.
“Quello che mi ha sorpreso“, ha detto lo statunitense Mark T. Vande Hei, “è che affrontando una cosa da una prospettiva diversa può renderlo familiare. Quando lavoro a qualcosa molto vicino di me mi rendo conto che gli sono ruotato intorno, e vedere quella cosa da una prospettiva diversa mi sorprende. Quello che mi ha sorpreso perché non è cambiato è che per capire dove sono devo decidere io dove è il su e il giù e stabilire il mio microcosmo”.
“Questa è una cosa propriamente umana, la capacità di decidere”, ha detto il Papa. “Adesso se voi avete la cortesia, faccio un’altra domanda: la nostra società è molto individualista, invece nella vita è essenziale la collaborazione, penso a tutto il lavoro che c’è dentro una impresa come la vostra. Potreste darmi qualche esempio significativo?“. Lo statunitense Joseph Acaba, di discendenza portoricana, ha detto: “E’ un grande esempio di collabroazione internazionale, lavoriamo tutti i giorni con i diversi centri in tutto il mondo, Stati Uniti Canada, Giappone e nove paesi in Europa. Sono le persone che collaborano, le diversità di rendono più forti e possiamo fare cose molto migliori che se fossimo soli”.
“La totalità – ha chiosato il Papa – è più grande della somma della parte, grazie tante cari amici, vorrei dire cari fratelli perché vi sentiamo rappresentanti di tutta la famiglia umana nel grande progetto di ricerca della stazione speciale. Grazie di cuore per questo colloquio. Il Signore benedica voi il vostro lavoro e le vostre famiglie. Pregerò per voi e voi per favore pregate per me”. “Grazie di essere stato con noi nella stazione spaziale”, ha concluso Nespoli, “averci portato più in alto, averci tirato fuori dalla meccanicità quotidiana e averci fatto pensare a cose pi grandi di noi”. L’equipaggio della Missione 53 a bordo della Stazione Spaziale Internazionale, in volo a 400 km dalla Terra.