“I decenni in più all’aspettativa di vita li ha dati la cardiologia“. Ora però, dopo aver regalato più anni alla vita, si tratta di portare più vita agli anni: l’obiettivo è “invecchiare sempre più tardi e sempre meglio” e per centrarlo “la strategia non è farmacologica. Muoversi, mantenersi attivi con costanza e grano salis, è la prima cosa che previene le malattie cardiovascolari, l’artrosi, il cancro, e che preserva l’efficienza del sistema respiratorio. Fare movimento è una delle tecniche di prevenzione più efficaci”, in un’ottica di “prevenzione globale che prende sempre più piede“.
Perché “le stesse cose che ci proteggono dalle malattie di cuore ci difendono anche dai tumori, dalla demenza” e dagli altri nemici di una longevità sana. Lo afferma Maria Frigerio, direttore di Cardiologia 2 – Insufficienza cardiaca e trapianto, e a capo del De Gasperis CardioCenter dell’ospedale Niguarda di Milano. In occasione del convegno ‘Armonizzare la ricerca e la pratica clinica per migliorare la prevenzione delle malattie cardiovascolari’, che si è svolto nel capoluogo lombardo il 24 e il 25 novembre, l’esperta fa il punto con l’AdnKronos Salute sui traguardi raggiunti e su quelli futuri.
Il primo terreno su cui si gioca la sfida è la dunque la prevenzione, e poi? Sul fronte farmacologico la specialista individua alcuni “avanzamenti molto forti. Uno è nell’ambito delle terapie per le dislipidemie gravi“, le alterazioni dei livelli di grassi nel sangue “poco controllabili con le terapie a disposizione. Soprattutto – aggiunge – si è visto che ci sono farmaci efficaci attivi con un meccanismo innovativo per la medicina cardiovascolare, cioè anticorpi mirati a ostacolare dei meccanismi biologici di malattia“: armi ‘intelligenti’, pallottole ‘smart’ “per certi versi affini alle terapie di successo in ambito anticancro”.
Frigerio cita inoltre la “scoperta molto recente dell’associazione tra infiammazione e rischio nella malattia aterosclerotica, e quindi tra farmaci antinfiammatori e riduzione del rischio biologico di avere eventi cardiovascolari nel campo della prevenzione secondaria“. Una svolta impressa dallo studio ‘Cantos’ sull’anticorpo monoclonale canakinumab, pubblicato sul ‘Nejm’ e presentato all’ultimo Congresso annuale della Società europea di cardiologia (Esc).
Ancora, prosegue l’esperta, contro lo scompenso cardiaco che solo nel nostro Paese colpisce oltre 1 milione di persone con circa 80 mila nuovi casi all’anno “in Italia è relativamente nuova la disponibilità del farmaco sacubitril/valsartan – 2 molecole legate insieme a farne una – che agisce nell’insufficienza cardiaca mettendo insieme un concetto di scompenso cardiaco inteso come disturbo emodinamico del circolo, con una visione che interpreta la malattia come disequilibrio neuro-ormonale. Ci si è trovati così ad avere per le mani un farmaco con efficacia drasticamente superiore rispetto alla terapia fino ad oggi disponibile, e speriamo possa essere implementata ampiamente nei pazienti che ne possono trarre beneficio“.
Passando alla cardiologia interventistica, Frigerio pone l’accento soprattutto sulle nuove tecniche di ‘riparazione’ contro le malattie valvolari. Mentre in campo cardiochirurgico segnala da un lato “l’evoluzione degli interventi chirurgici meno invasivi”, dall’altro “la disponibilità di nuovi mini-cuori artificiali che supportano il circolo anche per molti anni: hanno un tasso di eventi avversi più basso rispetto quelli precedenti, consentono una buona qualità di vita e una sopravvivenza di parecchi anni, e tutti speriamo che diventino sempre più pienamente competitivi rispetto al trapianto di cuore“.
Il sogno resta comunque mantenere il cuore ‘giovane’ il più a lungo possibile e “in un certo senso un po’ ci si sta riuscendo. Da anni – racconta la cardiologa – seguo una coppia di pazienti tutti e due con la pressione alta e la fibrillazione atriale. La signora è sugli 80 e va in palestra 2 volte alla settimana, si tinge i capelli, viene alle visite perfetta, dritta, truccata e pettinata, e vuole girare il mondo con il marito che ha qualche anno più di lei“.
Questo per dire che “un altro modo di invecchiare esiste“, pur “senza assolutamente voler dimenticare” l’altra faccia della malattia: “Il peso della disabilità e della non autosufficienza, gli oneri che la patologia e l’invecchiamento caricano sul paziente e la famiglia” restano e vanno affrontati. “Ma invecchiare più tardi si può”.