Gli esperti riuniti al 78° Congresso nazionale della Società italiana di cardiologia (che si è aperto ieri a Roma e che proseguirà fino al prossimo 18 dicembre) hanno rilevato che sebbene il trattamento delle malattie cardiovascolari si sia dimostrato essere una delle principali ragioni dell’aumento dell’aspettativa di vita ottenuta in questi anni, non si deve abbassare la guardia. È fondamentale tenere a bada i “nemici del cuore” a cominciare dal colesterolo “cattivo“: infatti, secondo gli esperti “più basso è meglio è“.
Tra i temi caldi della seconda giornata del Congresso, il dibattito relativo alla prevenzione e ai fattori di rischio.
Secondo il professor Peter Libby dell’Harvard Medical School di Boston, il colesterolo ossidato è la causa che determina la risposta infiammatoria della parete arteriosa: se anche vi sono altri fattori di rischio come il fumo, il diabete, l’ipertensione e l’obesità è il colesterolo il fattore che determina – tramite il suo accumulo – la risposta della parete delle arterie coronariche che porta alla formazione di una placca arteriosclerotica ostruente, causa delle manifestazioni cliniche della cardiopatia ischemica come l’angina, l’infarto o la morte improvvisa coronarica.
Le linee guida della Società Europea di Cardiologia e dell’American College of Cardiology indicano un range che va da 70 a 90 milligrammi per decilitro di colesterolo Ldl, dove 70 è indicato per i pazienti ad alto rischio, cioè che presentano anche altri fattori di rischio, e 90 per tutti gli altri (cioè per un paziente che ha già avuto un infarto, quindi a rischio cardiovascolare molto alto, il target di LDL-C raccomandato è inferiore a 70 mg/dL).
Con i farmaci attualmente a disposizione per la cura delle dislipidemie – le statine, ezetimibe e gli anticorpi monoclonali anti PCSK9 – è possibile abbassare il colesterolo Ldl fino a valori molto bassi (fino a 25-30 mg/dl).