Pfas, gli esperti: “La procedura Veneto non è esente da rischi”

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E’ improprio paragonare l’uso della plasmaferesi per la donazione di plasma con quella che invece e’ stata utilizzata in Veneto per rimuovere la contaminazione da Pfas dal sangue. Lo affermano in un comunicato congiunto il Centro Nazionale Sangue – Istituto Superiore di Sanita’, la Societa’ Italiana di Medicina Trasfusionale e le associazioni di donatori, che ribadiscono che “non ci sono solide evidenze scientifiche a supporto della modalita’ scelta dai sanitari veneti” e che la procedura “non e’ esente da rischi”.

“Plasmaferesi terapeutica e donazione di plasma mediante aferesi hanno finalita’ e modalita’ tecniche di esecuzione totalmente diverse – sottolinea Giancarlo Maria Liumbruno, direttore del CNS -, e quindi non sono raffrontabili”. Le piu’ recenti linee guida sull’impiego dell’aferesi terapeutica, si legge nel documento, riportano un totale di 179 potenziali indicazioni cliniche delle procedure di aferesi terapeutica con differenti gradi di evidenza scientifica e forza di raccomandazione e non includono specificamente la rimozione dei contaminanti tra le indicazioni all’uso della plasmaferesi terapeutica basate su consolidate evidenze scientifiche.

“In particolare – spiega il presidente Simti Pierluigi Berti – all’utilizzo di protocolli su procedure di scambio plasmatico terapeutico, in caso di avvelenamento da sostanze chimiche o da farmaci, e’ attribuito un livello di evidenza molto basso. E’ il caso di sottolineare, inoltre, come la procedura di scambio plasmatico terapeutico sia una procedura non esente da potenziali effetti collaterali, soprattutto se paragonata alla donazione mediante aferesi produttiva, anche in considerazione del diverso volume di plasma raccolto, che puo’ raggiungere o superare l’intero volume di plasma del paziente ed e’ di almeno 4-5 volte superiore al volume di plasma ‘donato’ dai donatori in una singola procedura di donazione”.

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