Come enormi puzzle di milioni di cellule, di decine e centinaia di tipi diversi. Sono i tessuti biologici, un rompicapo per gli scienziati di tutto il mondo che stanno affinando lo sguardo per carpirne sempre più i segreti. Fino a oggi è stato possibile conoscere la loro composizione, ma non la loro struttura. Un po’ come se di un puzzle si conoscesse solo in modo approssimativo il tipo di pezzi che lo compongono, senza sapere però come metterli uno accanto all’altro.
Un passo avanti potrebbe arrivare da una nuova tecnica di studio inventata a cavallo fra Italia e Israele, frutto della collaborazione nata fra i ricercatori del gruppo di Matteo Iannacone, a capo dell’Unità dinamica delle risposte immunitarie dell’Irccs ospedale San Raffaele di Milano, e il team di Ido Amit del Weizmann Institute for Science, in Israele. I due scienziati si sono conosciuti quando entrambi lavoravano a Boston e hanno deciso di mettere insieme le rispettive expertise per ideare la nuova potente tecnica per l’analisi dei tessuti biologici. Combinando la microscopia intravitale di Iannacone – grazie a cui si può seguire il movimento delle cellule in azione negli organi – con l’analisi dell’espressione genica – la carta d’identità di una cellula – sarà ora possibile ricostruire la struttura di un tessuto con una precisione al livello della singola cellula.
La scoperta si è guadagnata le pagine di ‘Science’. Il lavoro degli scienziati ha ricevuto il sostegno di diversi enti – European Research Council (Erc), Associazione italiana per la ricerca sul cancro (Airc), Armenise-Harvard Foundation, ministero della Salute e Fondazione regionale per la ricerca biomedica – e promette di avere ricadute sul modo di fare ricerca in moltissimi campi biomedici.
Il punto di partenza è stato l’interesse del gruppo di Iannacone per lo studio della dinamica delle risposte immunitarie: le cellule che fanno parte del sistema immunitario si muovono nell’organismo e reagiscono in modo specifico a seconda del tessuto in cui si trovano, dal quale ricevono costantemente segnali biochimici. Ecco perché, per capire il comportamento del sistema immunitario, è essenziale conoscere perfettamente il tessuto in cui si trova ad agire e quali tipi di cellule lo compongono. Questo viene solitamente fatto analizzando la loro espressione genica.
Diversi tipi di cellule – per esempio quelle nervose ed epiteliali – utilizzano in modo diverso lo stesso Dna, traducendo in quantità diverse geni differenti. I ricercatori sono in grado di svelare quali parti di Dna vengono utilizzate e quindi di quale tipo di cellula si tratti, andando a misurare i prodotti del processo di trascrizione dei geni in Rna. Fino a oggi questo sequenziamento necessitava però l’impiego del tessuto per intero, che perdeva quindi la sua struttura e le informazioni sulla disposizione spaziale delle cellule. Si poteva in altre parole conoscere quante cellule e di quale tipo si trovavano nel tessuto, ma perdendo informazioni sulla loro posizione.
Non solo: cellule poco frequenti, anche se posizionate tutte insieme in un punto specifico del tessuto, dove magari svolgono una funzione importante, finivano per risultare pressoché invisibili al processo di analisi. Iannacone e Amit hanno pensato di utilizzare un marker fluorescente per riconoscere specifiche cellule all’interno di un tessuto, tracciarne la posizione con estrema precisione con l’ausilio della microscopia intravitale e poi analizzarne il profilo di espressione genica grazie a una tecnologia di sequenziamento di ultima generazione, in grado di funzionare su un gruppo di cellule anche piccolo formato da poche dozzine di elementi. Un risultato, spiegano gli esperti, con implicazioni notevoli per lo studio cellulare e molecolare di molte malattie, tra cui il cancro.