Macchie scure, rughe, tessuti cadenti. Quanti anni dimostra la nostra pelle? Una risposta certa arriva ora dagli scienziati dell’Istituto di biologia medica (Imb) di A*Star (l’Agency for Sience, Technology and Research) di Singapore, che hanno scoperto un nuovo modo per rilevare e quantificare il numero di cellule senescenti (biologicamente invecchiate) a causa dell’esposizione ai raggi ultravioletti. L’invecchiamento della pelle è accelerato da condizioni ambientali come l’esposizione solare e l’inquinamento.
Con l’età, infatti, le cellule senescenti si accumulano nei tessuti, danneggiandone la rigenerazione, dal momento che secernono fattori che innescano l’infiammazione e contribuiscono all’invecchiamento della pelle, nonché ad una varietà di malattie legate all’età, tra cui aterosclerosi, diabete di tipo 2 e ipertensione. Tuttavia quantificare il numero di cellule senescenti all’interno dei tessuti finora è stata una sfida per i ricercatori, come si ricorda nello studio pubblicato su ‘Scientific Reports’.
La ricerca di oggi ha radici antiche: nel 2013 il team guidato da Oliver Dreesen, principal investigator dell’Imb, ha scoperto un nuovo marker, la proteina lamin B1, che consente di individuare le cellule invecchiate all’interno della pelle umana. Dreesen è stato contattato dal team R&D di Johnson & Johnson a Singapore per capire se si poteva arrivare a misurare in che modo le condizioni ambientali accelerano l’invecchiamento della pelle e la senescenza in vitro. Così il team di Dreesen, in collaborazione con Carlos Clavel dell’Imb, ha scoperto che l’aumento dell’esposizione ai raggi Uv provoca l’invecchiamento precoce delle cellule della pelle umana, cosa che può essere quantificata proprio misurando i livelli di lamin B1.
Ciò ha permesso ai ricercatori di quantificare con precisione la percentuale di cellule senescenti. Non solo: l’invecchiamento delle cellule cutanee indotto dai raggi Uv potrebbe essere prevenuto, spiegano i ricercatori, trattando le cellule con un Fattore solare protettivo 50 (Spf50). Il team A*Star poi ha verificato questi risultati in un modello murino per studiare l’invecchiamento della pelle e la rigenerazione in vivo, quantificando l’accumulo di cellule senescenti in caso di cronica esposizione ai raggi Uv e poi durante la rigenerazione della pelle. Così gli studiosi hanno scoperto che anche basse dosi quotidiane di Uv portano all’accumulo di cellule senescenti all’interno della pelle.
Questi risultati forniscono dunque “uno strumento efficace per rilevare e quantificare le cellule senescenti in vitro e in vivo”, si legge nello studio. La scoperta consentirà a ricercatori e medici di studiare l’impatto di diversi condizioni ambientali, come la dieta o l’inquinamento, sull’invecchiamento e la rigenerazione dei tessuti, distinguendo le cellule senescenti da quelle proliferanti in lesioni pre-cancerose, e di indagare sul vero ruolo delle cellule senescenti in varie patologie legate all’età.
“Per molti anni – commenta Dreesen – il campo dell’invecchiamento non ha avuto marcatori affidabili e specifici per identificare le cellule senescenti. Nel nostro lavoro dimostriamo che possiamo rilevare e quantificare l’accumulo e l’eliminazione di queste cellule durante l’invecchiamento indotto dai raggi Uv e la fase di rigenerazione della pelle. Ciò fornisce uno strumento unico per ricercatori, medici e aziende per studiare l’invecchiamento e la rigenerazione dei tessuti”. Ora il team punta a capire in che modo l’età modula la funzione delle cellule e scatena modificazioni come i difetti di pigmentazione e le rughe.