Ambiente, futuro green: il tempo è ‘quasi’ scaduto, imprese e esperti a confronto

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Eccellenze internazionali e ritardi cronici. L’Italia è il Paese delle contraddizioni e il settore ‘verde’ non è da meno: c’è la Montello spa che ricicla 800mila tonnellate di rifiuti all’anno in provincia di Bergamo e ci sono città dove i rifiuti giacciono nelle discariche in attesa di essere trasferiti. C’è un’imprenditrice del vino naturale come Antonella Manuli che protegge la terra, non irriga e non compra i trattori, ma vede gli incentivi destinati a chi fa l’esatto opposto.

Il tempo, però, è scaduto e non è più tempo di tergiversare sugli obiettivi nazionali di riduzione delle emissioni, che rischiano di diventare un pericolo per la sopravvivenza della specie. La Fondazione Istud, insieme alla Rappresentanza Regionale della Commissione europea a Milano, con il patrocinio del ministero dell’Ambiente, ha fatto il punto sulla situazione con la seconda sessione di ‘Future Energy, Future Green. Un viaggio che continua’, cercando di capire, a due anni dall’accordo sul clima di Parigi, se qualcosa stia davvero cambiando.

In Europa, da uno studio pubblicato su The Lancet, il clima, prima della fine del secolo, farà 100 mila morti l’anno, se non verranno adottate misure per contrastare l’inquinamento. In Italia, il catino della Valle Padana è una delle zone più torbide del Vecchio Continente: le città sono il punto di partenza per cambiare la mentalità dei cittadini, dalle aree verdi alle strategie per l’inquinamento.

“Milano – sostiene Valentino Piana, direttore dell’Economics Web Institute – sta facendo molto con i servizi di mobilità alternativa e il free floating delle bici sarà decisivo: i blocchi definitivi della auto, però, dovranno arrivare quando tutti avranno in mano un’alternativa efficiente”. La transizione verso forme di energia pulita sarà più rapida “se questa diventerà un business profittevole, capace di coinvolgere i grandi investitori e il settore finanziario”.

Per adesso, si possono finanziare piccoli progetti con il crowdfunding civico. Uno dei pionieri è la romana PlanBee, la piattaforma dove tutti possono contribuire a migliorare quartieri, città o intere isole, come Pantelleria, dove la startup ha lanciato una campagna per la riforestazione dopo gli incendi del 2016. “C’è un cambiamento in corso: le persone dimostrano maggior coscienza e maggior attenzione al tema dell’Ambiente e della sostenibilità”, spiega Armando Mattei, ceo di PlanBee. Lo scopo e lo spirito del crowdfunding “non è quello di sostituire l’azione dei comuni ma coinvolgere e sensibilizzare”.

La domanda globale di energia da qui al 2050, secondo i calcoli di McKinsey, continuerà a crescere a un ritmo dello 0,7% l’anno, inferiore all’oltre 2% registrato tra il 2000 e il 2015. A metà del secolo, il 77% della nuova capacità installata verrà dal sole e dal vento, il 13% dal gas naturale, il 10% dal resto. Nel 2050 le Rinnovabili, escluso l’idroelettrico, produrranno più del 30% dell’energia globale: qui in Italia, hanno bisogno di una pianificazione nazionale per svilupparsi.

“Come Paese – spiega Marco Peruzzi, presidente di e2i Energie Speciali – abbiamo fatto grandi investimenti in produzione di energia elettrica rinnovabile. Questo patrimonio dev’essere salvaguardato e un piano di rinnovamento, e in alcuni casi di integrale ricostruzione di questi impianti, richiede un quadro di riferimento certo. Noi sostanzialmente vogliamo sapere dove possiamo fare questi impianti, quindi auspichiamo che ci siano delle aree a vocazione eolica dedicate al vento. E, d’altra parte, vogliamo avere un cliente che ci possa ritirare energia e dare una stabilità finanziaria ai nostri investimenti”.

Anche sul fronte dei rifiuti, c’è ancora molto lavoro da fare. Un’azienda privata come la Montello, che si è riconvertita negli anni Novanta dal siderurgico al ciclo dei rifiuti, oggi ricicla 800mila tonnellate all’anno di rifiuti ed è un esempio unico in Europa. Il suo presidente, Roberto Sancinelli, ritiene che sia necessario un nuovo piano nazionale sui rifiuti e che si apra il mercato della gestione e del riciclo:

“Oggi è bloccato, non c’è concorrenza: è tutto in mano alle piccole partecipate comunali e invece servirebbe una logica industriale”. Servono leggi, ad esempio, che tutelino chi vuole sostituire le materie prime fossili con prodotti riciclati e ne trovino immediata disponibilità. Oppure, si può iniziare “separando a livello locale la raccolta dalla gestione del rifiuto”, altrimenti è “ovvio che se non si apre il mercato continueranno a essere i cittadini a pagare la tassa sui rifiuti”. Sulla raccolta differenziata, “anche se l’Italia è prima in Europa, c’è ancora moltissimo da fare: basti pensare che le tipologie di rifiuti codificate sono più di 800 e in realtà il 90% dei rifiuti che si riciclano sono cinquanta. Questo dà l’idea di quanto lavoro c’è e di quali prospettive ci siano per il settore”.

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