Il fenomeno ‘Dottor Google’ non conosce crisi, anche nella medicina specialistica. Il 94% dei neurologi ha ricevuto pazienti che si erano fatti una autodiagnosi. Più di uno su due (57%) risponde ai pazienti tramite ‘WhatsApp’ anche fuori dall’orario di lavoro. E’ quanto emerge dai primi risultati della ricerca ‘Neurologia 3.0, siamo pronti? – Stato dell’arte sul rapporto tra neurologi italiani, social media, app, wearable devices e exergames’ a cui, ad oggi, hanno partecipato circa 200 specialisti.
Progetto di ricerca promosso dalla Società Italiana di Neurologia (Sin) e presentato in occasione della Settimana mondiale del cervello da 12 al 18 marzo. Dall’indagine emerge che i device digitali, come pc e tablet, sono utilizzati dai neurologi soprattutto per tenersi informati e per mantenere i contatti (92% e 75%) e meno per divulgare informazioni (54%).
I social media “non sono visti molto bene per ciò che riguarda la condivisione dell’amicizia” e la maggioranza degli intervistati “non è favorevole all’amicizia con i pazienti (88%) sui social”; circa la metà (54%) è “sfavorevole anche a qualunque interazione sul web”. Per evitare spiacevoli errori da parte dei pazienti che credono più a ‘Dottor Google’ che al proprio medico, il 98% dei neurologi consiglia ai pazienti di consultare siti affidabili e cerca di metterli in guardia da siti non attendibili.
Le app – ricorda Gioacchino Tedeschi, direttore I Clinica Neurologica e Neurofisiopatologia Aou Università della Campania Luigi Vanvitelli di Napoli – sono utili perché tengono sempre in contatto il paziente con la sua équipe curante, sono di supporto nella gestione quotidiana della terapia e validi strumenti di riabilitazione cognitiva. Infine, un’ulteriore innovazione sono i dispositivi indossabili (wearable devices): dai braccialetti che monitorano l’attività fisica a quelli che tengono sotto controllo i parametri vitali, fino ai vestiti realizzati con filati intelligenti che regolano la temperatura corporea o che incorporano sensori di movimento.