Il pianeta nano Cerere, l’oggetto celeste più grande nella fascia principale del nostro Sistema solare, si sta rivelando sempre più un mondo assai dinamico dal punto di vista geologico, e questo grazie all’acqua presente negli strati più esterni della sua crosta. A confermarlo sono due nuovi lavori pubblicati sulla rivistaScience Advances, entrambi guidati da ricercatori dell’Istituto Nazionale di Astrofisica e basati sulle osservazioni dello spettrometro italiano VIR a bordo della missione spaziale Dawn della NASA. VIR è stato fornito dall’Agenzia Spaziale Italiana (ASI) sotto la guida scientifica dell’Istituto Nazionale di Astrofisica.
Nel primo studio l’occhio elettronico di VIR si è posato ripetutamente sul cratere Juling, che si estende per circa 20 chilometri nell’emisfero sud di Cerere, dove ha scoperto tracce inequivocabili di ghiaccio d’acqua sulla parete nord del cratere. La parete ha un’altezza di circa 4 km ed è quasi verticale. Non è illuminata quasi mai da luce diretta del Sole proprio per la sua posizione, ma è illuminata da luce riflessa dal cratere.
Successive osservazioni effettuate nell’arco di sei mesi hanno rivelato un progressivo aumento della quantità di ghiaccio sulla parete del cratere. “Nella prima osservazione, la parete, delle dimensioni di circa 40 chilometri quadrati, era coperta per il nove per cento da ghiaccio d’acqua, nell’ultima osservazione era salita al 14 per cento” dice Andrea Raponi, ricercatore dell’Istituto Nazionale di Astrofisica a Roma e primo autore dell’articolo che descrive la scoperta. “In termini assoluti significa un incremento di circa 2 chilometri quadrati di copertura di ghiaccio d’acqua”.
Secondo i ricercatori è il vapore d’acqua che condensa sulla parete fredda del cratere la spiegazione più ragionevole per descrivere questo comportamento. “Il ghiaccio potrebbe trovarsi sotto un sottile strato di polvere sul fondo del cratere, e potrebbe sublimare a causa della radiazione o di particelle ad alta energia provenienti dal Sole” aggiunge Raponi. “A confortare questa ipotesi c’è la correlazione tra l’aumento del ghiaccio e il flusso solare crescente sul cratere dovuto al cambiamento stagionale e all’avvicinarsi del perielio di Cerere, ovvero del suo massimo avvicinamento al Sole”.
Nel secondo articolo su Science Advances, lo strumento VIR è stato utilizzato in modo intensivo per realizzare una serie di mappe della distribuzione dei carbonati, un tipo di sali la cui origine è strettamente legata ad un ambiente con presenza di acqua liquida. Le mappe mostrano che i carbonati, principalmente di magnesio, sono distribuiti in modo pressoché uniforme su tutta la superficie del pianeta nano, con l’eccezione di varie aree circoscritte in cui i ricercatori hanno individuato la prevalenza di natrite, un altro tipo di carbonato a base di sodio.
“Una più attenta analisi con dati a maggiore risoluzione spaziale ci ha permesso anche di mappare delle piccole aree, grandi fino a pochi chilometri quadrati, che mostrano un ulteriore cambiamento nella composizione del terreno” commenta F. Giacomo Carrozzo, ricercatore dell’Istituto Nazionale di Astrofisica a Roma e primo autore dell’articolo. “I risultati suggeriscono la presenza di acqua nel materiale che ricopre la superficie di quelle zone. I minerali che meglio spiegano le misure di VIR sono la termonatrite e la trona, due carbonati di sodio che hanno al loro interno delle molecole di acqua”. In alcune aree, questo tipo di carbonati è osservato in concomitanza di depositi di ghiaccio d’acqua.
Difficile ancora dire con certezza quali siano stati i meccanismi che hanno creato le condizioni per avere acqua liquida che a sua volta ha prodotto così diffusamente i depositi di carbonati osservati. “Il rilevamento di natrite e di carbonati di sodio idrati fornisce comunque importanti limiti all’evoluzione chimica di Cerere” aggiunge Carrozzo. “I carbonati di sodio idrati, infatti, non sono stabili sulla sua superficie e perdono l’acqua contenuta al loro interno nell’arco di pochi milioni di anni nelle condizioni ambientali presenti. Ciò implica che i siti ricchi di carbonati idrati sono stati esposti ‘all’aria’ o si sono formati in tempi relativamente recenti e quindi il processo di disidratazione dovrebbe essere ancora in corso”.
I due studi rafforzano così l’idea che Cerere sia un corpo planetario ancora in evoluzione: i processi che coinvolgono l’acqua liquida nella sua crosta sarebbero infatti tutt’ora attivi.
Gli studi su Cerere vengono pubblicati sul sito web della rivista Science Advances nell’articolo
Variations in the amount of water ice on Ceres’ surface suggest a seasonal water cycle di Andrea Raponi, Maria Cristina De Sanctis, Alessandro Frigeri, Eleonora Ammannito, Mauro Ciarniello, Michelangelo Formisano, J.-P. Combe, Gianfranco Magni, Federico Tosi, Filippo Giacomo Carrozzo, Sergio Fonte, Marco Giardino, S. P. Joy, C. Polanskey, M. D. Rayman, Fabrizio Capaccioni, Maria Teresa Capria, Andrea Longobardo, Ernesto Palomba, Francesca Zambon, Carol A. Raymond, Christopher T. Russell
e nell’articolo
Nature, formation, and distribution of carbonates on Ceres di Filippo Giacomo Carrozzo, Maria Cristina De Sanctis, Andrea Raponi, Eleonora Ammannito, Julie Castillo-Rogez, Bethany L. Ehlmann, Simone Marchi, Nathaniel Stein, Mauro Ciarniello, Federico Tosi, Fabrizio Capaccioni, Maria Teresa Capria, Sergio Fonte, Michelangelo Formisano, Alessandro Frigeri, Marco Giardino, Andrea Longobardo, Gianfranco Magni, Ernesto Palomba, Francesca Zambon, Carol A. Raymond, Christopher T. Russell