Ricerca: ‘scosse’ al cervello contro l’obesità, lo studio italiano

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Piccole ‘scosse’ al cervello per combattere l’obesità intervenendo sui circuiti neurologici che la alimentano: ‘spegnendo’ cioè la voglia di cibo. Una nuova strategia promettente secondo uno studio di medici e ricercatori dell’Irccs Policlinico San Donato alle porte di Milano, presentato a Barcellona all’Annual Meeting 2018 della Società europea di endocrinologia-Ese.

La dTms, stimolazione magnetica transcranica profonda che si pratica sollecitando il cervello del paziente attraverso una specie di casco leggero, ha fornito “risultati incoraggianti anche dopo una sola sessione di trattamento“, riferiscono gli esperti che prospettano “un’alternativa sicura, non invasiva e priva di effetti collaterali agli attuali trattamenti dell’obesità”.

L’obesità, spiegano dalla struttura capofila del Gruppo ospedaliero San Donato, è un’epidemia mondiale che colpisce circa 650 milioni di adulti e 340 milioni di bambini e adolescenti: una condizione patologica che secondo le stime contribuisce a causare oltre 2,8 milioni di morti all’anno nel pianeta, con costi sociali enormi.

Alcuni studi precedenti del team milanese avevano evidenziato che “in alcuni casi di obesità il sistema cerebrale di ricompensa risulta alterato: la gratificazione in risposta al cibo in alcuni pazienti obesi è notevolmente aumentata rispetto a quella degli individui normopeso. Ciò può renderli più vulnerabili al desiderio impellente di mangiare e può portare più facilmente a un aumento del peso”.

Nel nuovo studio, il gruppo guidato da Livio Luzi ha analizzato gli effetti della dTms sull’appetito e il senso di sazietà delle persone obese. L’esperimento ha coinvolto 40 pazienti, valutando nel sangue i marcatori potenzialmente associati con la ricompensa da cibo dopo una singola sessione di stimolazione di 30 minuti, ad alta o a bassa frequenza.

I dati raccolti mostrano che “nei pazienti sottoposti a stimolazione ad alta frequenza aumentano significativamente i livelli ematici di beta endorfine (neurotrasmettitori coinvolti nella produzione di un maggiore senso di soddisfazione dopo l’ingestione di cibo), sia rispetto ai pazienti sottoposti a stimolazione a bassa frequenza sia rispetto al gruppo di controllo, sottoposto a una stimolazione placebo”.

“Per la prima volta – commenta Luzi – questo studio ci fornisce un’indicazione sui meccanismi con cui la dTms altera il desiderio di cibo nei soggetti obesi. Abbiamo anche scoperto che alcuni marcatori presenti nel sangue e potenzialmente associati con il senso di ricompensa generato dal cibo, per esempio il glucosio, variano a seconda del sesso, suggerendo che vi siano differenze nelle modalità con cui i pazienti sono vulnerabili al desiderio di cibo e nella loro disposizione a perdere peso, a seconda che siano uomini o donne”.

Per gli autori, “il naturale sviluppo di questo lavoro sarà l’utilizzo del brain imaging per identificare direttamente come la dTms ad alta frequenza cambi la struttura e la funzionalità del cervello nei pazienti obesi, sia a breve sia a lungo termine, e l’estensione della metodica a un numero più ampio di pazienti”.

“L’obesità – osserva ancora Luzi – reca con sé numerosi e profondi disagi per chi ne è affetto, oltre a un considerevole peso per la collettività, dal punto di vista sociale ed economico, legato alla sua gestione. Per questo è di estrema importanza identificare con urgenza nuove strategie per contrastarne il costante aumento. La dTms si sta mostrando sempre più come un’alternativa sicura e sostenibile alle terapie farmacologiche e alla chirurgia bariatrica”.

Gli esperti del Policlinico San Donato sottolineano come la medesima disfunzione nel circuito cerebrale legato alla ricompensa si evidenzia anche nei casi di dipendenza patologica da sostanze come droghe o alcol, così come nella dipendenza da gioco.

La dTms – ricorda una nota dall’Irccs – è un trattamento medico che utilizza l’energia magnetica per stimolare i neuroni all’interno di specifiche aree cerebrali. Oggi viene utilizzata per il trattamento della depressione resistente, di alcuni tipi di emicrania e delle dipendenze patologiche e si è dimostrata una buona opzione terapeutica anche per ridurre il desiderio impellente di droghe e cibo, anche se finora i meccanismi con cui la stimolazione agisce sull’organismo non erano stati del tutto chiariti.

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