Atrofia Muscolare Spinale, nuovi trial e terapie non invasive: le ultime frontiere della cura

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Dalla somministrazione del farmaco ai pazienti operati di scoliosi, all’idroterapia che sfrutta l’ambiente favorevole dell’acqua per il recupero neuromotorio; dal coordinamento interregionale per la presa in carico dei bambini che effettuano il trattamento con il farmaco Spinraza (recentemente approvato da Aifa), ai nuovi trial clinici che consentiranno somministrazioni meno invasive. Si è aperto così oggi (venerdì 1 giugno) al FourSpa di Catania il convegno di Famiglie Sma “Farmaco, fisio e idroterapia: l’innovazione e la vita quotidiana”, che proseguirà fino a domani.

In Italia sono 1.000 i pazienti stimati affetti da questa patologia genetica rara, 16 i centri ospedalieri che ad oggi somministrano la terapia Nusinersen, capace di arrestare il processo degenerativo della malattia, 8 le regioni con almeno un centro attivo e 260 i pazienti in trattamento: questo lo scenario dell’atrofia muscolare spinale (Sma, dall’acronimo Spinal Muscolar Atrophy), a cui oggi si è cercato di dare risposte concrete grazie all’incontro di medici, operatori, famiglie e piccoli pazienti. Sono state presentate le nuove sperimentazioni in corso: basti pensare al programma AveXis, vera e propria terapia genica che ha bisogno di un’unica somministrazione endovena, che ha preso avvio grazie agli studi dei Centri NeMO (NeuroMuscular Omnicentre), coordinati dal professor Giuseppe Vita del Centro Clinico NeMO Sud di Messina. «Gli importanti risultati ottenuti dalla somministrazione di Spinraza, farmaco approvato a settembre 2017 dopo il programma di uso compassionevole – spiega il prof. Vita – ci spingono a continuare e perseverare per avviare nuovi studi e sperimentazioni: i bimbi camminano, stanno in piedi e questo è solo l’inizio, perché sta davvero cambiando la storia naturale della malattia». Fra pochi mesi infatti, annuncia Vita, lo scenario migliorerà notevolmente grazie all’introduzione di nuovi farmaci che prevedono anche la somministrazione orale, invece dell’iniezione lombare attualmente praticata.

Puntare non soltanto sull’aspetto medicale della cura, ma anche sulla persona nella sua globalità, fisica, mentale, affettiva, comunicativa e relazionale grazie a un team multidisciplinare, è il focus del convegno che ha posto l’accento sull’importanza di un approccio olistico/sistemico alla riabilitazione, che metta al centro sia il farmaco che la presa in carico: «Si tratta di una terapia a cui ogni paziente dovrebbe avere accesso – sottolinea la presidente di Famiglie Sma Daniela Lauro – per questo tutti i centri dislocati sul territorio nazionale devono attivarsi per garantirla e per offrire continuità territoriale».

Durante il convegno, che proseguirà anche domani 2 giugno, è stato dato ampio spazio al potere riabilitativo dell’acqua, grazie al progetto SMAH20, illustrato dal dott. Luca Labianca dell’ospedale S. Andrea di Roma, a capo del comitato scientifico dell’Associazione nazionale Idroterapisti ed Educatori Neonatali (Aiien), ente di ricerca che opera in ambito di rieducazione psicomotoria di bambini con patologie neurologiche e neuromuscolari: «La riabilitazione avviene attraverso momenti di gioco e relazione in acqua con altri bambini, con attività motoria attiva e passiva, e grazie all’interazione con alcuni strumenti per arrivare gradualmente a ottenere una maggiore mobilità – spiega Labianca – nato da puro spirito di volontariato, il progetto in cui Famiglie Sma ha creduto sin da subito, investendo risorse ed energie, è oggi un vero e proprio protocollo standardizzato e definito, in costante miglioramento. Si tratta di una idroterapia che focalizza l’attenzione non solo sull’aspetto kinesiologico tradizionale, limitativo quando si parla di Sma, ma su diversi ambiti: respiratorio, visivo, ludico, di interazione sociale, motorio e di self confidence».

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