Nel 2017 sono stati 111.361 i migranti irregolari sbarcati sulle coste italiane e sottoposti ad osservazione sanitaria dai Uffici di Sanità Marittima, Aerea e di Frontiera (Usmaf) e dai Servizi per l’assistenza sanitaria al personale navigante, marittimo e dell’aviazione civile (Sasn) del ministero della Salute.
Al primo posto, tra le condizioni osservate all’arrivo “le parassitosi cutanee, quali scabbia e pediculosi, legate alle condizioni disagiate di vita ed alla promiscuità sia nei luoghi di partenza che durante il viaggio”.
Ma migranti arrivano anche “disidratati e con febbre”, e tra le condizioni osservate frequentemente emergono “i traumatismi, le ustioni chimiche, le ferite da armi da fuoco e le intossicazioni per esposizione a vapori tossici nelle stive”.
Lo riporta la relazione sulle attività svolte nell’anno 2017 dagli Usmaf-Sasn pubblicata oggi sul sito del ministero della Salute. I controlli sanitari all’arrivo hanno evidenziato anche “cardiopatie, diabete, affezioni neurologiche, esiti traumatici e psichiatrici, connessi a torture e violenze intenzionali, subite o nel Paese di origine o nel percorso migratorio, oltre donne incinte”.
I casi di scabbia sono stati 14.155, le donne in gravidanza 1.256, le condizioni richiedenti ospedalizzazioni 822, i traumi e le ferite 384. Le parassitosi cutanee “sono condizioni che non comportano un reale rischio di contagio, in quanto facilmente e prontamente controllabili con semplici misure di profilassi e di terapia“, precisa il ministero.
Dall’anno 2013 “per il peggioramento della situazione in Africa Settentrionale e nel vicino oriente, è stato particolarmente evidente l’incremento dei flussi migratori irregolari – sottolinea la relazione – Dopo alcuni anni di costante incremento, nel 2017, ed in particolare a partire dal mese di giugno, è stata osservata una flessione nel numero degli arrivi di migranti irregolari sulle coste italiane. I migranti irregolari sottoposti a controllo da parte degli Uffici di Sanità Marittima nel 2017, sono stati circa 111.361, rispetto ai 171.605 del 2016 (133.452 nel 2015 e 140.050 nel 2014)”.
Gli Uffici di sanità marittima, aerea e di frontiera esercitano attività di vigilanza transfrontaliera, non solo su viaggiatori e mezzi di trasporto, ma anche su merci destinate al consumo umano in importazione da Paesi non appartenenti all’Ue: alimenti di origine non animale, materiali ed oggetti destinati a venire in contatto con alimenti (Moca) ed altri prodotti di rilevanza sanitaria (dispositivi medici, cosmetici e farmaci non autorizzati in Italia, emoderivati ed organi da trapianto). Per queste ultime due fattispecie sia in importazione che in esportazione.
Secondo il report il controllo sanitario sulle merci rappresenta, stabilmente da alcuni anni, in media circa l’80% di tutte le attività svolte dagli Uffici di sanità marittima, aerea e di Frontiera.
“Nell’anno 2017 è stato dell’84%, seguito dal 6,5% del settore del controllo dei mezzi di trasporto, al 6,3% del settore medico legale ed al 3% circa delle vaccinazioni internazionali, attività quest’ultima in decisa crescita rispetto agli anni precedenti. Andando nello specifico – emerge dal rapporto – per quanto riguarda le merci: gli alimenti di origine non animale insieme ad i Moca (materiali ed oggetti destinati a venire in contatto con alimenti) hanno rappresentato circa il 64% delle merci sottoposte a controllo, i dispositivi medici il 19%, percentuali residuali si registrano per: medicinali (circa il 6%), cosmetici (4%), ed altre merci (8%)”.
L’attività di vigilanza degli Usmaf viene esercitata anche sugli emoderivati e sugli organi da trapianto, sia in importazione che in esportazione (quest’ultima per una percentuale minimale) – ricordano gli esperti – Nel 2017 per gli emoderivati il 99% delle pratiche è relativo al rilascio di autorizzazioni all’importazione, mentre, per gli organi da trapianto, la situazione è esattamente ribaltata: infatti, il 95% delle pratiche riguarda il rilascio di autorizzazioni all’esportazione.
Gli emoderivati sono stati importati principalmente dall’Austria (63%), seguita dall’Ungheria (23%). Gli organi da trapianto sono stati esportati soprattutto nei Paesi Bassi, in Gran Bretagna ed in Portogallo; mentre sono stati importati da 4 Paesi (Paesi Bassi, Bulgaria, Francia e Svezia).