Aids, rischioso stallo nella lotta all’Hiv: allarme dalla commissione Lancet

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La lotta all’Hiv non è sulla buona strada per fermare l’epidemia di Aids, obiettivo fissato dall’Oms entro il 2030. Gli attuali approcci messi in atto per contenere l’Hiv “non sono sufficienti”, e un “pericoloso stallo” nella risposta alla pandemia globale sta rischiando una ripresa della malattia.

Dopo l’allarme contenuto in un Rapporto dell’Unaids, diffuso mercoledì a Parigi, a ‘dare la sveglia’ sul fenomeno è anche una Commissione di esperti della rivista Lancet, guidata dall’International Aids Society, che sarà presentata il prossimo 26 luglio alla Conferenza mondiale sull’Aids, in programma ad Amsterdam, dove verrà illustrato un dettagliato rapporto sul tema.

Per vincere la lotta globale contro il virus gli oltre 40 esperti internazionali della Commissione invocano un “fronte comune tra i ricercatori dell’Hiv, i responsabili politici e gli operatori della sanità globale”, “l’inclusione dei servizi per l’Hiv in una più ampia assistenza sanitaria a supporto delle malattia e delle condizioni correlate” e “politiche globali ad hoc”.

Le nuove infezioni sono in calo – osservano – ma troppo lentamente per raggiungere l’obiettivo Unaids (il programma dell’Onu sull’Hiv/Aids) di 500.000 nuove infezioni entro il 2020. Dal 2010 al 2017, le nuove infezioni sono diminuite del 16%, ma – sottolineano gli esperti – sono rimaste sostanzialmente più alte nei giovani.

Nell’Africa sub-sahariana, il rischio di infezione da Hiv riguarda le ragazze tra i 15 e i 24 anni, per le quali l’Aids è la quarta principale causa di morte. La cura dell’Hiv sta cambiando – aggiungono – in quanto la popolazione dei sieropositivi è in costante crescita grazie all’efficacia delle terapie antiretrovirali. Tra il 2012 e il 2016, il numero di persone over 50 che vivono con l’Hiv è aumentato del 36% in tutto il mondo.

Queste persone – evidenziano – hanno rischi aumentati di contrarre molte malattie legate all’età (patologie cardiovascolari, disturbi neurocognitivi, malattie renali e alcuni tipi di cancro), ed è perciò necessario “concentrarsi sulla prevenzione e la gestione delle malattie non trasmissibili per le persone con Hiv, creando un cross over con la Salute globale e servizi sanitari più ampi”.

Anche il finanziamento stanziato per l’Hiv è rimasto “in stallo” negli ultimi anni, circa 19,1 miliardi di dollari Usa, quasi 7 miliardi di dollari in meno dell’importo stimato necessario per raggiungere gli obiettivi fissati da Unaids. Questo accade mentre un numero crescente di persone accede alla terapia antiretrovirale: nel giugno 2017 circa 20,9 milioni di persone in tutto il mondo stavano ricevendo i farmaci (il 57% delle persone con Hiv), 680.000 persone in più dal 2000.

Gli esperti chiedono un aumento immediato dei finanziamenti per scongiurare un’altra epidemia: pur riconoscendo che l’approccio ‘eccezionale’ di risposta all’Hiv (dove sono stati forniti specifici fondi e servizi sanitari) sia stato molto efficace, osservano anche come tale approccio “potrebbe non essere più sostenibile in futuro”.

“La risposta all’Hiv e il più ampio campo della Salute globale devono lavorare insieme: nonostante i notevoli progressi, la situazione è rimasta stagnante nell’ultimo decennio. Rinvigorire questo lavoro sarà impegnativo, ma la Salute e il benessere futuro di milioni di persone richiedono che questa sfida venga affrontata”, conclude Linda-Gail Bekker, presidente della International Aids Society e professore all’Università di Cape Town, in Sudafrica.

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