Alla ricerca di Nemo, o almeno dei suoi geni. Un team internazionale ha infatti mappato il genoma del pesce pagliaccio, protagonista del celeberrimo cartoon Disney, fornendo così una risorsa inestimabile per decodificare la risposta dei pesci ai cambiamenti ambientali, compresi quelli climatici. In uno studio rivoluzionario condotto da ricercatori del King Abdullah University of Science and Technology (Kaust) e dell’Arc Center per gli studi sulla barriera corallina (Coral CoE), i ricercatori hanno utilizzato strumenti di alta tecnologia per creare una delle mappe genetiche più complete per pesce pagliaccio arancione.
“Questo lavoro fornisce un elemento essenziale per comprendere ogni aspetto della biologia dei pesci di barriera”, spiega l’autore principale, Robert Lehmann del Kaust in Arabia Saudita. Il genoma di Nemo “contiene 26.597 geni codificanti proteine ??che, come il più grande puzzle del mondo, ci sono voluti pazienza e tempo per assemblare”.
Il pesce pagliaccio arancione, Amphiprion percula, non è solo il pesce di barriera più conosciuto al mondo, ma anche uno dei più studiati.
“Questa specie è stata fondamentale per la ricerca sugli aspetti ecologici, ambientali ed evolutivi dei pesci della barriera corallina”, evidenzia il co-autore Philip Munday di Coral CoE presso la James Cook University in Australia. Ad esempio, Nemo “è un modello per studiare il cambio di sesso nei pesci e ci ha aiutato a capire i pattern di dispersione larvale nei pesci della barriera corallina ed è la prima specie ittica per la quale è stato dimostrato che il comportamento di evitamento dei predatori potrebbe essere compromesso dall’acidificazione dell’oceano”, aggiunge.
Il team ha utilizzato la tecnologia più avanzata oggi disponibile per sequenziare il genoma del pesce pagliaccio. I dati genomici e trascrittomici sono ora disponibili tramite il database Nemo Genome DB all’indirizzo nemogenome.org. Si tratta di “una risorsa estremamente preziosa per la comunità di ricerca, che renderà il pesce pagliaccio ancor più materia ideale per studi genetici e genomici”, conclude Timothy Ravasi di Kaust.