L’apnea notturna si verifica quando i muscoli della gola si rilassano occasionalmente e bloccano le vie respiratorie dei pazienti durante il sonno. La condizione è collegata ad una serie di malattie, come ipertensione e malattie cardiache, e aumenta il rischio di morte. Gli specialisti del sonno attualmente utilizzano una misurazione, chiamata indice di apnea-ipopnea, che corrisponde al numero di volte in cui un paziente smette di respirare per ogni ora di sonno, per diagnosticare la gravità dell’apnea notturna. Ma l’indice, che è basato soprattutto su dati maschili, non predice con esattezza il rischio nelle donne.
Ora, un nuovo studio della Oregon Health & Science University (OHSU), pubblicato su American Journal of Respiratory and Critical Care Medicine, ha svelato che, oltre al numero di interruzioni della respirazione, anche la durata di ogni interruzione è importante. I pazienti con le apnee più brevi avevano il 31% di possibilità in più di morire rispetto a coloro che avevano interruzioni più lunghe durante il periodo di controllo di 10 anni dello studio. Questo valeva sia per gli uomini che per le donne. “Questi risultati potrebbero aiutare i dottori a prevenire meglio la mortalità associata all’apnea ostruttiva del sonno”, ha dichiarato Matthew P. Butler, professore di neuroscienze comportamentali dell’OHSU.
Attualmente, il miglior trattamento per l’apnea notturna è la macchina CPAP, ossia la ventilazione meccanica a pressione positiva continua. Ma alcuni pazienti trovano che la macchina, che comporta l’indossare una mascherina durante il sonno, sia scomoda e scelgono di non usarla, soprattutto se la loro apnea non è grave. Questo studio potrebbe aiutare i dottori a dare consigli di trattamento più informati. Per esempio, potrebbe avere effetti positivi incoraggiare sia uomini che donne con brevi interruzioni della respirazione ad usare la CPAP, anche se hanno un’apnea notturna lieve o moderata.