Un mistero geologico sta disorientando gli scienziati dopo un nuovo studio sismico che ha svelato che la crosta terrestre sta “ingoiando” 3 volte la quantità di acqua marina rispetto a quanto si pensasse in precedenza. Lo studio, condotto dai ricercatori della Washington University e pubblicato su Nature, fa nuova luce sul complesso ciclo dell’acqua del nostro pianeta, un argomento ancora oggi avvolto nel mistero.
Quando le placche tettoniche della Terra convergono, una si muove al di sotto dell’altra in un processo noto come subduzione. La zona di subduzione più profonda, a circa 11km sotto il livello del mare, è la Fossa delle Marianne, sito principale dello studio. La fossa stessa è il risultato della subduzione della placca del Pacifico occidentale sotto la placca delle Marianne. “Il ciclo dell’acqua nelle zone di subduzione rimane poco compreso, anche se la subduzione è l’unico meccanismo per il trasporto dell’acqua nelle profondità della Terra”, sostiene lo studio.
Nel corso di un anno, i ricercatori hanno ascoltato il rumore ambientale causato dai terremoti utilizzando una rete di sismografi impiegata lungo la Fossa delle Marianne e ulteriori sismografi posizionati in 7 isole vicine. I ricercatori sono stati in grado di determinare i diversi tipi di rocce che possono trattenere l’acqua e con quale capacità. Quando l’acqua degli oceani viene risucchiata nella crosta terrestre e nel mantello superiore nella zona di subduzione, vi rimane intrappolata ed è soggetta all’immensa pressione e temperatura del pianeta. A causa di queste condizioni estreme, le reazioni chimiche trasformano l’acqua in una forma non liquida, conosciuta come “rocce umide”. I risultati dello studio hanno dimostrato che per la sola Fossa delle Marianne, subduce 4 volte la quantità di acqua rispetto a quanto si pensasse in precedenza.
I ricercatori hanno poi utilizzato questi risultati per estrapolare le condizioni di altre fosse oceaniche del mondo, ma condurranno ulteriori studi anche in futuro. “Le stime del flusso d’acqua globale nel mantello a profondità maggiori di 100km devono essere aumentate di un fattore di circa 3 rispetto alle stime precedenti”, sostengono gli autori.
Con tale aumento, i ricercatori non sono sicuri di dove va a finire l’acqua una volta che è stata assorbita nella crosta e nel mantello superiore. Anche se si ritiene che la maggior parte dell’acqua venga espulsa nell’atmosfera terrestre dalle eruzioni vulcaniche, le stime superano notevolmente la quantità di acqua che viene rilasciata. “Le stime dell’acqua che viene riemessa attraverso l’arco vulcanico sono probabilmente molto incerte”, ha spiegato Douglas Wiens, professore di Scienze della Terra e Planetarie. Wiens e un team di ricercatori stanno attivando una rete di sismografi in Alaska per condurre uno studio simile. Non è chiaro se la quantità di acqua vari da una zona di subduzione all’altra sulle base delle variazioni nei confini delle placche, ha aggiunto.