L’alluvione di fine ottobre ha danneggiato la diga della Busa facendo precipitare una situazione già complessa. Ad oggi il bacino si trova ad avere lo scarico di fondo ostruito dai sedimenti.
Significa che in nessun modo e per nessun motivo sarebbe possibile ridurre la quantità di acqua nel bacino oltre il raggio modesto di azione dello scarico di superficie, in grado di abbassarne il livello fino a 4 metri sotto la soglia massima, dei circa 40 totali. In pratica, la diga non sarebbe in grado di fare fronte a situazioni di emergenza.
La più estrema, un terremoto o qualsiasi cosa che ne minacci la tenuta: suggerirebbe un rapido svuotamento. Ma meno drammaticamente, il piano di gestione delle acque in caso di alluvioni affida alle dighe una funzione di laminazione: vengono parzialmente svuotate in previsione delle piogge per riempirsi poi, riducendo le piene.
Ad oggi, sostiene Agsm Verona, che gestisce il bacino artificiale, questo non sarebbe possibile. Per questo ha avviato con la massima urgenza l’iter per affrontare nelle prossime settimane il problema, e farlo radicalmente. Bisogna svuotare il bacino (circa 200 mila metri cubi d’acqua), attendere che il limo solidifichi abbastanza per poter entrare nel greto con mezzi pesanti e poi liberare l’area dello scarico, asportando circa 8000 metri cubi di fanghi e detriti. Poi realizzare delle opere di protezione sul fondo, ad impedire che la prossima piena ricrei lo stesso problema e, finalmente, riempire di nuovo la diga.