Narcolessia: sintomi e terapia

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Una malattia rara, dai sintomi curiosi, spesso scambiata per epilessia, psicosi, schizofrenia, depressione. La narcolessia in Italia colpisce circa 4 persone ogni 10 mila abitanti: i pazienti a cui è stata diagnosticata la patologia sono circa mille, ma una stima approssimativa parla di un sommerso di circa 24 mila casi. E oltre al problema delle diagnosi errate, c’è quello del ritardo diagnostico.

Un’indagine svolta dall’Associazione italiana narcolettici e ipersonni (Ain) ha evidenziato come fra la comparsa dei primi sintomi e la diagnosi passino fra 7 e 10 anni nel 16% dei casi, oltre 10 anni nel 17% dei casi e fra 2 e 6 anni nel 26% dei casi. Se ne parla oggi all’Ospedale Bellaria di Bologna, nel V Seminario multidisciplinare sulla narcolessia organizzato da Giuseppe Plazzi, docente di Neurologia presso l’Università di Bologna e presidente dell’Associazione italiana di medicina del sonno (Aims).

La narcolessia è una malattia autoimmune dovuta alla distruzione dei neuroni che producono un peptide, l’orexina. Ulteriori filoni di ricerca hanno individuato dei fattori genetici correlati allo sviluppo della patologia. In letteratura vengono riportati dati di prevalenza molto variabili: dallo 0.23/100mila persone in Israele ai 160/100mila in Giappone, con una prevalenza, a livello globale, di 30/100mila. In Europa, l’incidenza è stata stimata in 0.13/100mila nei bambini di meno di 5 anni di età e di 0.83/100mila in soggetti di età compresa fra 5 e 19 anni.

“Dal Duemila i numeri relativi alle diagnosi sono in aumento” spiega Plazzi. “Nel Centro di medicina del sonno dell’Istituto delle Scienze neurologiche di Bologna si è passati dai circa 30 pazienti diagnosticati ad inizio millennio agli oltre 800 del 2018. Questo incremento non va letto come un segnale allarmante, anzi: significa che le campagne di informazione da parte delle associazioni dei pazienti e la conoscenza della malattia da parte dei medici sta crescendo”.

Esistono tre farmaci per curare i sintomi della narcolessia e, di questi, soltanto uno è attualmente rimborsato dal Ssn, ricordano gli esperti in una nota. Una situazione che, in concomitanza con la frammentazione regionale in termini di erogazione, genera un’oggettiva disomogeneità nell’accesso alle cure. Il seminario di Bologna è stato anche l’occasione per presentare una novità: le ‘Red Flags della Narcolessia’.

Le ‘Red Flags’ sono i campanelli d’allarme che possono indicare la presenza di narcolessia. Questi sintomi sono stati analizzati da un’equipe di specialisti di malattie del sonno, medici di medicina generale, pediatri di libera scelta e specialisti di altre branche della medicina, fra i quali neurologi e medici legali. Al Progetto, sponsorizzato dell’Ain, hanno partecipato anche rappresentanti dell’Istituto superiore di sanità. Il documento finale è stato appena pubblicato su ‘Neurological Sciences’.

“I sintomi sono semplici, ma proprio per questo rendono la narcolessia una patologia quasi misteriosa”, spiega Plazzi. “Anzitutto c’è una sonnolenza diurna particolare. Chi è affetto da narcolessia durante la giornata fa sonnellini brevi e ristoratori, durante i quali spesso sogna, con il rischio conseguente di avere delle allucinazioni ipnagogiche: la caratteristica neurofisiologica infatti è che pur essendo episodi di sonno brevi, le persone narcolettiche raggiungano rapidamente la fase Rem, che invece generalmente compare dopo una o due ore di sonno”.

La seconda caratteristica “è la cataplessia: un fenomeno scatenato da emozioni come pianto, riso, gioia, e caratterizzato dalla perdita del tono muscolare che, se generalizzata, può provocare anche la caduta a terra. Inoltre, le persone affette da narcolessia hanno un sonno notturno disturbato, quindi hanno difficoltà a mantenere la vigilanza durante il giorno. Altro sintomo diffuso – continua l’esperto – è quello delle paralisi del sonno: il soggetto si sente impossibilitato a muoversi nei momenti di transizione fra la veglia e il sonno e viceversa”. Non solo. Le attività scolastiche e quelle lavorative risentono dei sintomi e solo la somministrazione di cure efficaci permette di limitarne l’impatto sulla vita quotidiana. I rischi di una mancata diagnosi sono rilevanti.

“In circa il 50% dei casi la narcolessia insorge in età pediatrica o in adolescenza: ciò implica problemi di adattamento sociale e soprattutto di scolarizzazione, con evidenti problemi di apprendimento” sottolinea Plazzi. Nell’adulto le problematiche legate alla narcolessia si traducono in: rischi alla guida, incidenti domestici, inefficienza sul lavoro, difficoltà nella vita sociale.

Anche la vita di coppia si complica. Rispetto alla media nazionale i narcolettici sono meno frequentemente sposati e hanno più difficoltà a mantenere relazioni sentimentali stabili. Inoltre, il soggetto affetto da narcolessia ha una tendenza a ingrassare, a prescindere dalla quantità di cibo assunto, verosimilmente a causa di un rallentamento del metabolismo. Per non generare eccessivi allarmismi, l’Associazione italiana dei pazienti narcolettici ha presentato a Bologna anche un White Paper, un documento che spiega e chiarisce meglio le caratteristiche della malattia.

“Non bisogna spaventarsi di fronte alla prima diagnosi di narcolessia” afferma Massimo Zenti, vicepresidente dell’Ain. “Facile immaginare l’allarme di una madre che sente di avere un figlio con una malattia inguaribile. Il White Paper presenta le storie positive di persone con narcolessia e che, nonostante la malattia, sono cariche di speranza. Un testo molto semplice scritto da pazienti per pazienti. Tutta la terminologia tecnica è spiegata per favorire un’adeguata comprensione del fenomeno e per dare conforto a chi è affetto da narcolessia. Ci sarà anche una versione inglese destinata a un pubblico internazionale”.

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