Disinnescarela diffidenza con un sorriso, riuscire a trasformare i social network instrumenti per una comunicazione efficace. E’ un importante focus sull’emofiliaquello che ieri ha coinvolto clinici, pazienti, associazioni e caregiver all’Cinema Hart di via Crispi per la presentazione del primo“social movie” sulla malattia.
«L’emofilia è una patologia per la quale oggiesistono terapie molto efficaci», spiega Michele Schiavulli, specialista delcentro di riferimento regionale per le emo-coagulopatie del Santobono. Terapieche consentono ai pazienti (circa 500 in Campania) di condurre una vitanormale, generando anche un grande risparmio per il sistema sanitarioregionale.
Schiavulli sottolinea l’importanza del social movie presentato aNapoli, perché mostra i veri pazienti « che fanno le cose più disparate comenuotare, andare in bicicletta, fare lunghe traversate in barca a vela, ballare,ridere di gusto in compagnia. Ci immergiamo in quello che è l’emofilia oggi –dice -, descritta senza filtri da chi la conosce meglio di chiunque altro. Ilrisultato è una dimostrazione tangibile dei progressi fatti anche grazie aterapie innovative a lunga emivita, che consentono una migliore protezione delpaziente, e di come lo stigma che circonda la patologia non abbia senso diesistere. Un bel segnale, da parte di chi vive con questa patologia: non averepiù timore di mostrare anche questo lato di sé, di essere giudicati, perché ipazienti non sono diversi dagli altri e non c’è nulla di cui vergognarsi».
Novele associazioni pazienti che hanno promosso il progetto, che ha il contributonon condizionato di Sobi, cogliendo la sfida di raccontarsi senza filtri: ACEdi Milano Onlus, Associazione degli Amici dell’Emofilia di Palermo, AVES onlusParma, A.E.L. Associazione Emofilici del Lazio Onlus, AESA AssociazioneEmofilici Salerno, ARCE della Campania, Associazione emofilici e talassemiciVincenzo Russo Serdoz di Ravenna, FedEmo e ACEP Associazione coagulopaticiemofilici piemontesi Massimo Chesta Onlus.
Ladecisione di sostenere il progetto, spiega Chiara Loprieno (Sobi Italia), nascedal suo grande valore sociale e siamo molto felici del risultato raggiunto.Sobi è un’azienda impegnata in un ambito molto particolare e delicato comequello delle malattie rare, in cui la rarità rende tutto più difficile eproprio per questo fa ancora più paura alle persone. Paura che possiamosconfiggere sviluppando terapie sempre migliori, ma anche facendo conoscerequesta malattia a quante più persone possibili. Emofilia in a day è proprioquesto: un lavoro sulle piccole grandi gioie e soddisfazioni che si possonoconquistare ogni giorno nonostante l’emofilia».
Mada cosa nasce l’idea di ritrarre una giornata tipo di chi affronta l’emofilia?Tuttoè partito lo scorso aprile in occasione della Giornata mondiale. Non solopazienti, ma anche caregiver, medici, infermieri, insegnanti, educatorisportivi hanno aderito inviando video che hanno catturato piccoli o grandispezzoni di vita, per far crescere la sensibilità su questa rara malattiagenetica mettendola al centro della narrazione. Da Nord a Sud sono arrivatedecine di contributi video spontanei e amatoriali che si sono trasformati nellaprima opera collettiva ‘cinematografica’ che porta in scena una giornatanormale con l’emofilia.
L’ispirazioneper la nascita di emofilia in a day è arrivata dai grandi nomi del cinema:Gabriele Salvatores con il suo “Italy in a day” e prima ancora Ridley Scott chenel 2010 ha realizzato il primo social movie, “life in a day”. Il principio difondo è rimasto lo stesso: condividere un momento della giornata e inviarlo. Inquesto caso il “frame” da catturare era connesso in qualche modo all’emofilia -dai semplici gesti quotidiani, a momenti speciali o difficili – e perpartecipare bastava caricare il video sul sito dell’iniziativa emofiliainaday.itin modo semplice e rapido, anche dal proprio smartphone.
Eun video lo ha prodotto anche il collettivo di Casa Surace. «Non conoscevamomolto la patologia – dice l’attore e autore Daniele Pugliese – ma ci siamoinnamorati del progetto e abbiamo capito che potevamo essere utili per farlaconoscere a un pubblico più ampio e quindi supportare il lavoro svolto dalle associazioni.Abbiamo giocato sui falsi miti legati alla patologia e sulla tendenza dicercare informazioni sulle malattie facendo uso, molte volte improprio, diInternet».