Sensazioni contrastanti, come l’eccesso di flusso nasale o la completa mancanza, caratterizzano la sindrome da naso vuoto. Molto fastidiosa per il paziente che ne e’ affetto, la sindrome e’ in crescita nel mondo occidentale a causa dell’aumento della chirurgia funzionale ed estetica.
Secondo la letteratura scientifica si riscontra fra il 2 e il 20 per cento delle complicanze post operatorie. Ma soprattutto, si verifica a causa della ripetizione degli interventi a carico dei turbinati inferiori. Lo ha spiegato Stefano Di Girolamo, ordinario di Otorinolaringoiatria dell’Universita’ di Tor Vergata e responsabile della UOSD di Otorinolaringoiatria del Policlinico Tor Vergata. La mucosa nasale riveste un ruolo fondamentale nell’umidificazione dell’aria ambientale prima di raggiungere le vie aeree inferiori (bronchi).
Il contatto con la mucosa contribuisce a riscaldare ed umidificare l’aria. Una diminuzione della superficie di contatto tra l’aria inalata e la mucosa nasale, per colpa della demolizione dei turbinati, causa un deficit di questa funzione fisiologica durante il passaggio.
L’persensibilita’ all’aria fredda, dispnea, iperventilazione, dolore nasale pseudo nevralgico, mal di testa, infezioni e crostosita’ nasali, secchezza nasale e faringea, facile affaticabilita’, disturbi respiratori sono i sintomi piu’ frequenti.
A questi si accompagna la sensazione paradossale di avere un’ostruzione nonostante ci sia in realta’ un ampliamento della cavita’ nasale ed un abbassamento delle resistenze nasali al flusso d’aria. Questo sintomo ha “un’eziologia ancora controversa – spiega Di Girolamo – ma principalmente le cause sono da ricercare in un danno iatrogeno alla mucosa recettoriale nasale, con una diminuzione di recettori deputati a ricevere stimoli tattili, sensoriali e termici.
Anche se il sintomo principale e’ la sensazione dell’ostruzione nasale, che potrebbe esser considerato un sintomo di lieve entita’, l’aspetto psicologico e’ molto importante nei pazienti piu’ giovani perche’ dopo essersi sottoposti ad interventi ripetuti, spesso volti a risolvere tale problema, si ritrovano nella medesima situazione o in condizioni peggiori, con tendenza ad essere molto sfiduciati e restii al trattamento.
Inoltre la sensazione di ostruzione spinge il paziente a soffiarsi piu’ volte il naso nonostante sia secco”. La sensazione di ostruzione nasale si accompagna a un maggior rischio di infezioni. Sulle croste si annidano dei patogeni che provocano una particolare forma di rinite cronica atrofica chiamata ozena. La sensazione e’ quella di cattivo odore continuo, un sintomo molto fastidioso che penalizza la qualita’ della vita del paziente. Secondo le ricerche piu’ recenti, la rinite cronica atrofica puo’ essere causata anche dalla Pasteurella Multocida, un batterio in grado di inglobare delle cellule immunitarie trasformandole in osteoclastiche che consumano l’osso.
Al momento esistono degli studi per le cure. In Italia non e’ frequente ma inizia ad essere riscontrata per l’aumento della popolazione di origine straniera. Alla visita specialistica otorinolaringoiatrica mediante una rinoscopia anteriore si vedono i pregressi segni di interventi chirurgici. Inoltre “le mucose appaiono pallide e con molte croste.
La secchezza e’ sempre presente”. Altri test che possono confermare la diagnosi, che e’ per lo piu’ indirizzata dalla clinica, sono: la rinomanometria, la misurazione dei flussi nasali, che non mostra nessun ostacolo alla respirazione nasale. Gli esami di imaging, la risonanza magnetica e la tomografia computerizzata, non sono necessari ma permettono di controllare le condizioni delle restanti strutture nasali e si rendono indispensabili per programmare un intervento terapeutico. In presenza di croste verra’ valutato caso per caso se effettuare un esame microbiologico e batteriologico. I lavaggi nasali eseguiti due-tre volte al giorno possono aiutare ad umidificare la mucosa e ridurre la formazione di croste.
“In secondo luogo – ricorda il professore – sebbene finora sia stato testato su piccole serie di pazienti, l’iniezione di acido ialuronico ha prodotto buoni risultati. Anche i materiali inerti come il teflon, il goretex e le idrossiapatite sono stati impiegati in piccoli gruppi di pazienti con esiti soddisfacenti. Tutti questi trattamenti mirano a riempire il volume della cavita’ nasale svuotata dai precedenti interventi. La chirurgia in questi casi ha lo scopo di posizionare di impianti nella parete laterale e sul setto. La ricostruzione del turbinato nasale inferiore o del setto utilizzando cartilagini autologhe, prelevate da altri siti nel soggetto stesso, e’ la tecnica piu’ diffusa con la minore percentuale di rigetti. Consiste nel ricreare l’architettura del turbinato in day surgery e anestesia locale, senza tamponi nasali e con un breve decorso post operatorio”.