Alzheimer, la cura potrebbe partire dal cervelletto: lo studio

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Importante studio sull’Alzheimer, una delle patologie neurodegenerative più diffusa del nuovo millennio, per il quale non esiste ancora una cura definitiva. Sembra però che alcune parti del cervello umano risultano essere in grado di difendersi dagli attacchi di questa malattia. La scoperta si deve ai ricercatori dell’University of Manchester, come spiega larivista scientifica Communications Biology, che ha riportato i dati dello studio.

Gli studiosi si sono accorti che il cervelletto è in grado di reagire, autodifendendosi dalla malattia, e confidano in questa intuizione per sviluppare delle strategie efficaci contro il morbo di Alzheimer.

Lo studio ha previsto l’osservazione di 9 cervelli prelevate da persone affette da Alzheimer e decedute, e il confronto con altri 9 cervelli di persone morte per altre patologie, come malattie cardiache, polmonari, tumori. Attraverso una minuziosa analisi sono state mappate 5.825 tipi di proteine di sei diverse regioni del cervello.

neuroni cervelloI dati sono disponibili online, e risultano fondamentali per la ricerca: “Questo database – spiega Unwin – offre un’enorme opportunità ai ricercatori di demenza in tutto il mondo per progredire e seguire nuove aree della biologia e sviluppare nuove terapie. Potrebbe anche aiutare a convalidare le osservazioni osservate nei modelli di malattia animale o cellulare nell’uomo ed è molto eccitante essere in grado di rendere pubblici questi dati in modo che gli scienziati possano accedere e utilizzare queste informazioni vitali”.

alzheimerNelle persone affette da morbo di Alzheimer è stato notato che il cervelletto subisce cambiamenti, ma limitati“Il cervelletto, che un tempo si riteneva non venisse sfiorato dal morbo – ha spiegato Richard Unwin – mostra una risposta significativa a livello molecolare. Molti dei cambiamenti non sono evidenti in altre regioni, e questo potrebbe implicare che quest’area si protegga attivamente dalle malattie. Non lo sapremo per certo fino a quando non porteremo avanti ulteriori ricerche“.

Per il momento è soltanto un’ipotesi ma i ricercatori ritengono che esso possa disporre di alcuni meccanismi che il resto del cervello non possiede. Si tratta di uno studio importante, che apre numerose possibilità per una cura efficace.

 

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