“Avete mai pensato alla fragilità degli Squali? Probabilmente no. Ne sono sicuro. Ogni anno parlo con decine e decine di persone, che vengono in visita al Centro Recupero Tartarughe Marine di Brancaleone, di questi animali. Molti non sanno nulla, altri conoscono solo verità cinematografiche, ma la maggior di loro si trova d’accordo sul fatto che fanno paura, che sono animali pericolosi da cui stare alla larga, e per questo faticano a pensare che sono invece così fragili. Quando però ci si trova davanti a uno Squalo Capopiatto di 3,60 mt per circa 400 kg, non ci sono dubbi, tutta la loro fragilità è davanti ai tuoi occhi, non né puoi evitarla, né ignorarla. Tra l’uomo e lo squalo, la bestia è l’uomo. Noi, siamo certamente più pericolosi. Ogni anno uccidiamo, a causa del nostro stile di vita, migliaia di squali di diverse specie. Dalla pesca intensiva all’inquinamento, ma molto presto ci renderemo conto che tutto quello che stiamo facendo agli animali marini è un eccidio“: lo scrive, in un post su Facebook, Filippo Armonio, fotografo e operatore presso il Centro Recupero Tartarughe Marine di Brancaleone (RC).
Armonio pubblica la foto di un esemplare di Squalo Capopiatto (Hexanchus griseus), “pescato con il palangaro a diverse centinaia di metri di profondità. Portato in superficie è stato abbandonato alla deriva subito dopo la cattura. La corrente ha fatto il resto trasportandolo verso la costa, dove si è spiaggiato sul basso ionio reggino. Aveva tre ami di grosse dimensioni in bocca.”
“Lo Squalo Capopiatto non è pericoloso per l’uomo. Vive a centinaia di metri di profondità e anche qualora, l’uomo e lo squalo si dovessero incontrare, questa specie non attacca l’essere umano. Possono risalire dagli abissi, fino a qualche decina di metri di profondità solo in alcuni periodi dell’anno, solo di notte e solo in alcune aree del Mediterraneo, come per esempio lo stretto di Messina, ma restano comunque degli eventi molto rari,” conclude Armonio.