La strada ferrata era già presente in diversi paesi europei. La prima era stata inaugurata il 27 settembre 1825 in Inghilterra: era lunga 43 km e partiva da Darlington per arrivare a Stockton. A realizzarla fu George Stephenson, inventore della locomotiva a vapore. Era la prima ferrovia al mondo aperta al trasporto pubblico dei passeggeri e delle merci, sulla quale correva la locomotiva a vapore. Era la prima linea della società ferroviaria Stockton & Darlington Railway (S&DR), nata inizialmente per collegare le miniere di carbone dell’entroterra britannico con il porto di Stockton. Al trasporto passeggeri erano dedicate delle carrozze stradali che venivano caricate su carri pianale; solo nel 1833 vennero introdotte le carrozze viaggiatori come le conosciamo oggi.
Nel giro di 40 anni l’azienda costruttrice ampliò così tanto il proprio giro di affari da arrivare a creare una fitta rete ferroviaria che correva attraverso l’Inghilterra, passando da centri cruciali come Durham, Cleveland e Westmorland.
In Italia, invece, per avere la prima strada ferrata si dovette attendere fino al 3 ottobre 1839. Fu il Sud, quello stesso Sud che oggi non c’è più e che è diventato, da un punto di vista economico, il fanalino di coda del Paese, ad ospitarla: la prima linea ferroviaria italiana era tutta partenopea e collegava Napoli con Castellammare di Stabia.
La sua lunghezza di 7,25 chilometri veniva coperta dal treno a vapore, che impiegava 9 minuti e mezzo per percorrerla. La prima ferrovia inaugurata in Italia è stata dunque quella oggi conosciuta come Napoli-Portici, che oggi compie 180 anni. Durante il primo percorso del treno, composto da 8 vagoni trainati da una locomotiva a vapore, furono 258 i passeggeri che si spostarono su strada ferrata.
L’Italia non era ancora stata unificata e l’allora re Ferdinando II di Borbone assistette con orgoglio all’inaugurazione del primo tratto ferroviario di tutta la penisola, i cui lavori di costruzione e gestione erano però stati affidati a una società costituita a Parigi, tanto che il discorso inaugurale tenuto dal re delle due Sicilie avvenne in francese. Per l’intera realizzazione dell’opera fu indispensabile rivolgersi all’industria straniera: sia la progettazione che il capitale investito erano francesi, le locomotive, invece, inglesi. Ad essere completamente Made in Italy erano i materiali utilizzati, provenienti dalla miniera della Vallata dello Stilaro, poi lavorati nel Polo siderurgico di Mongiana, in Calabria.
La prima linea ferroviaria prevedeva un percorso che da Napoli portasse a Nocera Inferiore con una diramazione per Castellammare di Stabia, all’altezza di Torre Annunziata. Si trattava solo di parte di un progetto più vasto; in seguito infatti fu inaugurato il tratto diramato fino a Castellammare, a cui seguì una prosecuzione per Pompei, Angri, Pagani e Nocera Inferiore. Successivamente si ottenne un ulteriore prolungamento su San Severino e Avellino.
Un Sud Italia che non c’è più, dunque, dimenticato e ricordato da pochi nostalgici. Un Sud aperto al mondo, aperto all’estero e all’innovazione. Sulle cause del declino di quel sud sono state scritte migliaia di pagine e sono state spese milioni di parole, ma ciò che è certo è che quel Sud, nell’animo di chi vi abita, è ancora vivo e reale. Basterebbe solo concretizzarlo e renderlo nuovamente tangibile, piuttosto che esportare idee, persone, materie prime e industrie al Nord o, peggio ancora, all’estero.