Vecchi computer, schermi e telefonini diventano “miniere” di metalli preziosi e terre rare, mentre dagli scarti dell’industria casearia nascono bottiglie e vaschette di plastica green, 100% biodegradabile: sono alcune soluzioni tecnologiche per l’economia circolare che ENEA presenta nel suo stand a Ecomondo, la Fiera internazionale di riferimento in Europa per la sostenibilità ambientale, in programma dal 5 all’8 novembre a Rimini. I ricercatori dell’Agenzia saranno presenti per illustrare le opportunità offerte da queste tecnologie e facilitarne l’eventuale trasferimento alle imprese interessate a svilupparle a livello commerciale.
Il progetto per produrre bioplastica per il packaging alimentare si chiama Biocosì ed ha appena vinto il premio “Agrifoodmaker 2019” per l’Innovazione nel settore dell’agricoltura e dell’alimentazione, promosso tra gli altri dal Ministero delle Politiche agricole alimentari[1]. L’obiettivo è di arrivare a riciclare circa l’80% degli scarti della produzione di burro e formaggi, attraverso una duplice innovazione: da un lato, il recupero differenziato di tutte le componenti del siero (sieroproteine/peptidi, lattosio, sali minerari ed acqua ultrapura) e, dall’altro, la produzione di bioplastica biodegradabile e bioderivata dal lattosio stesso. Di fatto, quindi, si riducono gli inquinanti dell’industria casearia, gli elevati costi di smaltimento dei reflui ed anche l’impatto della plastica nell’ambiente. Secondo studi ENEA, l’83% dei rifiuti in plastica nei mari italiani è costituito da packaging, per lo più di prodotti usa e getta.
“Questo processo eco-innovativo, che abbiamo sviluppato nel nostro centro di Brindisi in collaborazione con la start-up pugliese EggPlant, è ispirato al principio ‘zero-rifiuti‘ dell’economia circolare e risponde a esigenze etiche e ambientali, ma anche economiche, perché consente di tagliare di circa il 23% il costo unitario di produzione. Le bioplastiche, infatti, rappresentano circa l’1% dei 300 milioni di tonnellate di plastiche prodotte ogni anno in Europa e la European Bioplastics stima che la domanda crescerà del 50% nel medio termine, da circa 4,2 milioni tonnellate del 2016 a 6,1 milioni nel 2021”, sottolinea Valerio Miceli, ricercatore ENEA presso la Divisione Biotecnologie e agroindustria.
Il processo hi-tech, brevettato da ENEA per estrarre materiali preziosi (oro, argento e platino) e materie prime strategiche[2] da Rifiuti da Apparecchiature Elettriche ed Elettroniche (RAEE), risponde all’esigenza di riutilizzarli per produrre nuovi prodotti quali telefoni cellulari, cavi di fibre ottiche, celle fotovoltaiche, turbine eoliche, rivelatori all’infrarosso, leghe leggere in alluminio. ENEA è il ‘polo europeo per il Sud Europa’ per la ricerca sulle materie prime strategiche, con l’obiettivo di far fronte a una domanda in forte crescita, a fronte di un’offerta concentrata in pochi paesi – Cina, Russia, Repubblica democratica del Congo e Brasile – e a un basso grado di sostituibilità e di riciclaggio. Di fatto, attualmente solo il 30% dei circa 10 milioni di tonnellate di RAEE prodotti in Europa viene gestito correttamente, mentre con adeguate procedure di raccolta e di riciclo si potrebbero recuperare 186 tonnellate di argento, 24 tonnellate di oro e 7,7 tonnellate di platino.
[1] Gli altri promotori del premio sono Agro Camera (Azienda speciale della Camera di Commercio di Roma per lo sviluppo del settore agroalimentare), Arsial (Agenzia regionale per lo sviluppo e l’innovazione dell’agricoltura del Lazio) e Innova Camera (Azienda Speciale della Camera di Commercio di Roma per l’innovazione).
[2] Già nel 2010 la Commissione europea aveva segnalato l’esigenza di interventi e individuato 14 materie prime “strategiche”: antimonio, berillio, cobalto, spatofluoro, gallio, germanio, grafite, indio, magnesio, niobio, platinoidi, terre rare, tantalio e tungsteno. E nel maggio scorso la lista è stata portata a 20.