Come una gigantessa cassa armonica di uno strumento musicale, l’atmosfera del nostro Sole intrappola e aumenta l’ampiezza delle onde magnetoacustiche che si propagano al suo interno, amplificando la loro ampiezza anche di cento volte e permettendo così di trasferire una grande quantità di energia dalla superficie fino agli strati più esterni dell’atmosfera solare stessa, ovvero la corona. A fare luce su questo fenomeno è stato un team ricercatori provenienti da 5 Paesi e 11 istituti di ricerca che hanno utilizzato in modo combinato dati ad alta risoluzione dell’atmosfera solare con complessi modelli numerici. Allo studio, condotto dal Dr. David Jess (Queen University Belfast UK), ha preso parte Marco Stangalini dell’Agenzia Spaziale Italiana (ASI) e associato all’Istituto Nazionale di Astrofisica. I risultati di questa ricerca, sono stati pubblicati sulla rivista Nature Astronomy, e hanno finalmente permesso di fare luce su questo fenomeno dopo circa 60 anni dalla sua scoperta.
La nostra stella rappresenta un laboratorio di fisica dei plasmi unico per studiare la propagazione di onde e la loro dissipazione attraverso i tenui strati dell’atmosfera di una stella. Queste onde trasportano una grande quantità di energia e sono considerate tra i principali responsabili del riscaldamento degli strati più esterni dell’atmosfera solare (la corona), che mostrano temperature eccedenti il milione di gradi.
Per molti decenni è stata osservata una notevole amplificazione di queste oscillazioni del plasma durante la loro propagazione verso gli strati più esterni del Sole, senza mai comprenderne pienamente la causa. Nella cromosfera, ossia quel sottilissimo alone di colore rosso visibile durante una eclissi totale, si passa da ampiezze dell’ordine dei centinaia di km/h a oltre 10000 km/h.
Grazie all’uso di dati ad alta risoluzione acquisiti da diversi strumenti presso il Dunn Solar Telescope (DST, New Mexico, USA), e che includono lo strumento italiano IBIS, i ricercatori sono riusciti a studiare in dettaglio questo fenomeno in strutture magnetiche come le macchie solari, che rappresentano un naturale condotto attraverso il quale le onde possono propagarsi dagli strati più interni verso i più esterni dell’atmosfera del Sole. Le macchie solari sono strutture magnetiche con diametri anche molto maggiori della dimensione della Terra.
“I risultati hanno mostrato, per la prima volta, come l’atmosfera solare si comporti come una cavità risonante per queste onde, intrappolandole all’interno di essa e determinando un notevole aumento della loro ampiezza” dice Stangalini. “Nel nostro la lavoro abbiamo mostrato come lo spessore della cavità risonante prodotta dalla variazione di temperatura nei differenti strati dell’atmosfera solare determini le frequenze tipiche di queste onde, un effetto del tutto simile a quello che succede nella cassa armonica di uno strumento musicale come la chitarra”.
Lo studio non solo getta luce su un problema ancora non risolto e di interesse sia per l’astrofisica sia per la fisica dei plasmi in generale, ma getta anche le basi per poter sfruttare questo effetto e, partendo dall’analisi delle frequenze acustiche nell’atmosfera solare, effettuare una vera e proprio mappatura tridimensionale della sua struttura.
“Questo genere di applicazioni potrà trovare spazio grazie all’avvento di nuovi strumenti per l’osservazione del Sole sempre più sofisticati come i telescopi della classe dei 4 metri come DKIST ed EST, ma anche con la missione Solar Orbiter dell’ESA, prossima al lancio, che acquisirà immagini dell’atmosfera del Sole da una distanza ravvicinata” conclude Stangalini.
Lo studio è stato pubblicato sulla rivista Nature Astronomy nell’articolo A chromospheric resonance cavity in a sunspot mapped with seismology di D.B. Jess, B. Snow, S.J. Houston, G.J.J. Botha, B. Fleck, S. Krishna Prasad, A. Asensio Ramos, R.J. Morton, P.H. Keys, S. Jafarzadeh, M. Stangalini, S.D.T. Grant e D.J. Christian