Virus Cinese, “i casi sono 1700”: “Non sottovalutare l’allarme degli esperti”

L'allarme dei ricercatori inglesi sul numero reale delle infezioni causate dal nuovo virus scoperto in Cina "è credibile e non va sottovalutato"
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L’allarme dei ricercatori inglesi sul numero reale delle infezioni causate dal nuovo virus scoperto in Cina “è credibile e non va sottovalutato. Oltretutto è frutto del lavoro di uno studioso del calibro di Neil Ferguson, uno dei più grandi modellisti a livello mondiale. Considerati i casi rilevati in Thailandia e Giappone, penso anche io che il numero di infezioni legate a questo virus possa essere superiore a quanto rilevato finora”.

Ad affermarlo all’Adnkronos Salute è Gianni Rezza, direttore del dipartimento malattie infettive dell’Istituto superiore di Sanità (Iss). “A far pensare ad una diffusione più ampia rispetto ai numeri ufficiali – continua Rezza – è anche il fatto che alcuni pazienti non avrebbero visitato il mercato che è ritenuto essere all’origine del fenomeno. Inoltre, come spiegano i ricercatori britannici, la rilevazione di casi all’estero, al di fuori della città cinese di Wuhan che conta 11 milioni di abitanti, fa pensare ad un’esposizione più estesa: o il serbatoio di animali infetti è più diffuso rispetto al singolo mercato individuato fino ad ora dalle autorità, oppure potrebbe esserci stata una trasmissione interumana, seppur limitata”.

Un aspetto al momento escluso dalle autorità cinesi.  “Ma la trasmissione da uomo a uomo non si può escludere del tutto, considerato il comportamento degli altri coronavirus. E potrebbe essere avvenuta in casi particolari, ad esempio nei nuclei familiari”, ipotizza Rezza. Se la cifra ipotizzata dai ricercatori britannici, ovvero oltre 1700 casi contro i circa 50 ‘censiti’ nei bollettini, può sembrare davvero notevole, lo scienziato dell’Iss ricorda come “il fatto che siano stati individuati con certezza solo una cinquantina di pazienti sembra dirci che i sintomi clinici potrebbero essere meno ‘pesanti'” rispetto a quelli causati da altri coronavirus.

Questo sarebbe un elemento positivo, ma complicherebbe l’individuazione dei contagiati. Restano comunque alcuni dubbi: “Siamo davvero sicuri che il mercato di pesce e animali selvatici individuato sia proprio la fonte del contagio, e che non si tratti invece di un focolaio di super-spread, in cui c’è stata una diffusione intensa che è stata intercettata?”. Insomma, potrebbero esserci altri focolai sfuggiti alle autorità. Un altro elemento che fa pensare “è il fatto che, almeno per ora, non si sono registrati casi negli operatori sanitari. E’ un fatto positivo, ma le cose possono cambiare. Dunque – conclude Rezza – è opportuno monitorare attentamente la situazione. Occorre ancora del tempo, e servono più informazioni, per inquadrare questo microrganismo”.

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