“Credo sia verosimile che questo Coronavirus farà il giro del mondo, sono convinta che arriverà anche in Europa e in Italia in maniera più consistente, per il fatto che non abbiamo anticorpi a difenderci. Ma vanno evitati scenari apocalittici: il più grande nemico della lotta al virus è il panico, che può trasformare questa crisi sanitaria in un disastro”. Lo dice all’Adnkronos Salute la virologa Ilaria Capua, che negli Stati Uniti dirige il One Health Center of Excellence dell’University of Florida. Sul caso confermato in Egitto, Capua risponde che “era atteso che il virus fosse diagnosticato anche in Africa. Certo mi preoccupa il fatto che in questi Paesi non ci sono sistemi sanitari e di sorveglianza tali da rallentare il contagio, ma al momento per noi non cambia nulla. Non possiamo fare paragoni con Paesi con culture mediche diverse dalla nostra e con uno stato di salute della popolazione e un’aspettativa di vita inferiori alle nostre”.
“In questo momento – ricorda la virologa – l’epicentro non è l’Africa, ma resta l’Asia. Dobbiamo augurarci che il sistema di contenimento messo in piedi dalla Cina, permetta all’infezione di scomparire alla spicciolata e non di montare come un’onda travolgente. Perché il problema grave è che se la popolazione si infetta tutta insieme, il Paese si ferma. Quest’epidemia non ha solo un risvolto sanitario, ma ha soprattutto ripercussioni economiche e sui fattori che contribuiscono alla globalizzazione, come i trasporti e le produzioni”. In attesa di vedere l’andamento dell’epidemia in Cina, “dobbiamo prepararci qualora il virus dovesse arrivare in maniera più consistente, e per una risposta efficace tutti i Paesi devono muoversi insieme“.
Simit: “Pandemia se non si ferma l’epidemia in Cina”
“Se non si arresta l’epidemia da nuovo coronavirus (SarsCov2) in Cina, è molto probabile che scatti la pandemia, ovvero una epidemia a livello mondiale“, ha detto all’ANSA il presidente della Società italiana di malattie infettive e tropicali (Simit), Marcello Tavio. “Fondamentale è bloccare l’epidemia in Cina. Infatti, se casi positivi arrivano dalla Cina in altri Paesi, cresce il rischio di epidemia locali e dunque di ampia diffusione del virus“. Riguardo al fatto che il virus sia giunto anche in Africa, l’esperto afferma: “L‘attenzione a questo punto deve necessariamente alzarsi, ma per ora non c’è un’emergenza poiché si tratta di un caso subito isolato e che sembrerebbe importato dalla Cina“.
L’Africa “preoccupa – spiega ancora – perché i sistemi sanitari locali sono poco attrezzati e non sarebbero in grado di fare fronte alla richiesta di screening allargati di massa per il coronavirus ove mai ciò si rendesse necessario. Finché si tratta di intercettare e fare screening su persone facilmente identificabili perché straniere e provenienti da aree della Cina a rischio, non ho dubbi che anche gli Stati africani siano in generale in grado di farlo. Il problema nascerà, invece, nel momento in cui si dovessero verificare dei casi autoctoni, cioè di infezione acquisita in loco e non trasmessa da un soggetto malato identificato e proveniente da aree a rischio“. In caso di epidemia locale, “i sistemi africani avrebbero serie difficoltà ad attuare screening e test allargati sulla popolazione ed organizzare l’isolamento dei malati“. Tuttavia, precisa Tavio, “va detto che, per fortuna, questo scenario al momento non c’è. Continuando, però, ad importare eventuali casi positivi provenienti da fuori o dalla Cina, si rende sempre più probabile l’insorgenza di casi autoctoni. Un contagio partito dal caso positivo ‘importato’ potrebbe cioè verificarsi e, a sua volta, il contagiato potrebbe portare ad altri contagi in loco, definiti appunto autoctoni“.
Riguardo alla vicinanza geografica dell’Italia all’Africa, “credo che la vicinanza all’Egitto sia relativa – afferma -. Siamo infatti più vicini alla Germania dove ci sono stati molti più casi, anche autoctoni. Per il momento, quindi, non vedo una situazione di allarme, ma sale certamente il livello di attenzione”.