Il coronavirus fa paura. Il panico, alimentato dalle leggende metropolitane che si creano puntuali intorno a questo tipo di epidemie, sta dilagando in tutti i paesi europei, Italia compresa. Si tratta indubbiamente di un rischio che non va sottovalutato, ma come sempre il buon senso e la capacità di discernimento dovrebbero guidare le nostre azioni. O almeno si spera, ma la speranza viene puntualmente disattesa. E dunque dando un’occhiata sui social o per strada assistiamo a due differenti fenomeni: da un lato c’è chi scrive “Non andate nei negozi cinesi“, chi boicotta i ristoranti asiatici e chi sui mezzi pubblici evita di sedersi vicino a chi ha gli occhi a mandorla; dall’altro ci sono gli pseudo-acculturati ‘buonisti’ che guardano queste scene con la puzza sotto al naso tipica di una borghesia ormai ammuffita e anacronistica, ed esclamano: “Ma guarda questi razzisti! L’Italia non cambierà mai con questa gente, il fascismo è ancora tra noi“.
Chi ha ragione tra le due parti? Semplice: nessuno! I primi, quelli che evitano i cinesi, dimostrano solo una enorme ignoranza scientifica, anche basica, ma di certo non possono essere tacciati di razzismo visto che il loro agire è dettato solo ed unicamente dalla paura. Per i secondi, invece, il discorso si fa più complesso, perché nonostante si sentano migliori della media, sono nettamente più in torto dei primi. E anche più cattivi. E anche con maggiori pregiudizi. Già, perché parlare di razzismo e di fascismo nell’Italia moderna è una mera speculazione che non fa altro che alimentare la vera discriminazione. Gli episodi di razzismo – vedi le scritte antisemite sulle porte di famiglie ebree – esistono e vanno combattuti, ma non viviamo in un Paese razzista. I cinesi, in particolare, sono tra le comunità meglio integrate: posseggono aziende, lavorano e danno lavoro.
Dunque chi non entra in un negozio cinese e non mangia in un ristorante asiatico può essere definito ignorante, ma non di certo razzista. Il razzismo, che presuppone pregiudizio, è tutt’altro. Anzi: se si allarmano per il Coronavirus e invitano a non andare nei negozi e ristoranti cinesi, significa che di solito frequentano abitualmente quei negozi! Quindi non sono certo razzisti…
A ben vedere il seme del pregiudizio è insito proprio in quelli che spesso e volentieri etichettano come razzista chi non lo è per niente. Sembra quasi che questi soggetti non vedano l’ora di denunciare fantomatici episodi di razzismo e fascismo, pericoli assolutamente inesistenti e palesati solo per giustificare una presunta superiorità intellettuale di una certa parte politica ed intellettuale che teme un improbabile ritorno al passato.
Quelli che stanno lontani dai cinesi per paura del coronavirus non sanno che è più facile prenderlo andando a fare una passeggiata in un centro commerciale, anzichè mangiando riso cantonese preparato da un cinese che vive in Italia da decenni e che usa materie prime italiane. Se l’epidemia fosse partita dagli USA probabilmente avrebbero boicottato il McDonald’s, ma in quel caso nessuno avrebbe detto che sono razzisti, anzi: il cattivo ‘Zio Sam’ è un nemico da combattere per coloro i quali amano tacciare di razzismo chicchessia…