Coronavirus, i dati aggiornati: in Italia 34 morti, 1.694 contagiati, 140 in terapia intensiva. “Se dovesse servire, siamo pronti a costruire nuovi ospedali come Wuhan”

Coronavirus, i dati aggiornati dalla protezione civile sul bilancio di morti, contagiati, ricoverati e guariti
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Altri 5 morti e un boom di diverse centinaia di nuovi contagiati, ma anche 33 nuovi guariti: sono questi i dati forniti oggi da Angelo Borrelli, il capo della protezione civile, nella consueta conferenza stampa di aggiornamento sull’epidemia di Coronavirus che dilaga soprattutto in Lombardia, Emilia Romagna e Veneto. Il bilancio complessivo è di 1.694 contagiati, compresi i 34 morti e gli 83 guariti. Borrelli ha specificato che “la dipendenza della morta dal Coronavirus non è stata accertata per alcuno dei 34 casi, l’Istituto Superiore di Sanità dovrà fare le verifiche“, confermando che queste 34 persone, tutte anziane e con patologie pregresse, sono morte con il Coronavirus ma non abbiamo ancora conferma che siano morte per il Coronavirus.

Esclusi i 34 morti e gli 83 guariti, oggi ci sono 1.577 persone infette in Italia che sono così divise:

  • 798 persone (il 51% del totale) sono in isolamento domiciliare perchè non hanno sintomi, o hanno sintomi lievissimi da non richiedere cure ospedaliere (questi sono i casi in cui questo virus si manifesta in modalità analoghe a quelle di una semplice influenza, ndr)
  • 639 persone (il 41% del totale) sono ricoverati con sintomi
  • 140 persone (l’8% del totale) sono ricoverati in terapia intensiva.

Ecco il numero dei casi totali suddivisi per regione:

  • Lombardia 887 casi
  • Emilia Romagna 277 casi
  • Veneto 261 casi
  • Piemonte 49 casi
  • Marche 25 casi
  • Liguria 21 casi
  • Campania 17 casi
  • Toscana 12 casi
  • Sicilia 7 casi
  • Lazio 3 casi
  • Friuli Venezia Giulia 6 casi
  • Abruzzo 5 casi
  • Puglia 3 casi
  • Umbria 2 casi
  • Bolzano 1 caso
  • Calabria 1 caso

Borrelli ha aggiornato anche il dato del numero di tamponi effettuati: 21.127, e ha spiegato che sono già state allestite 283 strutture di pre-triage fuori dagli ospedali, “che servono per gestire in sicurezza negli ospedali i soggetti positivi“. Rispondendo a una domanda sull’eventualità che anche in Italia la protezione civile sia pronta a realizzare nuovi ospedali come accaduto in Cina a Wuhan, Borrelli ha detto che “siamo la protezione civile e dobbiamo essere pronti a tutte le evenienze. Abbiamo già pensato a tutti gli scenari possibile, ma dipende dall’ evoluzione della situazione. In Italia abbiamo tante strutture che sono state ridimensionate e che possono rientrare in campo. Sappiamo in base ai dati internazionali che circa il 5% degli infetti dal Coronavirus ha bisogno di cure e assistenza respiratoria, quindi sarebbe imperdonabile non prepararci ad evidenze di questo tipo per dotare il nostro Paese di ogni struttura adeguata“.

Durante la conferenza stampa, il direttore del Dipartimento di malattie infettive dell’Istituto superiore di sanità Giovanni Rezza ha spiegato che “è plausibile che il coronavirus sia entrato nel lodigiano ancora prima del blocco dei voli da Wuhan, almeno nella seconda metà di Gennaio. I primi casi ricostruiti retrospettivamente risalgono all’inizio del mese di febbraio, ma l’infezione probabilmente già circolava nella seconda metà del mese di gennaio. Su questo stiamo facendo verifiche per fare ricostruzioni retrospettive oltre alle proiezioni“.

E’ difficile dire quando ci sarà il picco, dobbiamo vedere come vanno queste misure di distanziamento sociale che abbiamo messo in campo nelle zone colpite: distanziare le persone, non darsi la mano, non abbracciarsi, non andare in locali sovraffollati. Se queste misure avranno successo, dovrebbero abbattere almeno della metà la trasmissione del virus. Lo sapremo nelle prossime 2-3 settimane, ora è troppo presto. Dobbiamo sapere però che in Italia e in Europa potranno scoppiare altri focolai. Lo stiamo vedendo in Germania e in Francia” ha aggiunto oggi Rezza, spiegando che occorre “evitare che il coronavirus circoli indisturbato in tutto il Paese e metta in crisi tutto il sistema sanitario nazionale. Il mezzo che abbiamo è quello di rallentare l’onda di circolazione del virus in modo da non causare il sovraffollamento degli ospedali – osserva – Dobbiamo far si che non si ammali troppa gente in giro per il Paese, che i focolari vengano arginati e il corso del vrisu rallentato. Ci potrà essere stress per il Paese, ma se le misure continueranno ad essere rigidamente applicate la progressione sarà rallentata“.

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