Coronavirus: “Due mesi di sacrifici, non è un’influenza”, “è presto per valutare se stiamo migliorando o meno”

Coronavirus: "I cinesi hanno fatto un grande lavoro, ma qui non può essere fatto nello stesso modo, quindi il richiamo è alla responsabilità dei cittadini"
MeteoWeb

Bisogna prendere misure su tutto il territorio nazionale, fare due mesi di sacrifici per contenere questo virus che non è un’influenza. Chi in passato ha detto che è come l’influenza ha sbagliato: per quella abbiamo i medicinali e i vaccini per le persone più fragili. Ora dobbiamo attendere per vedere se quel trend positivo, leggero, che si comincia a vedere nelle ex zone rosse, si consolida. Le misure di distanziamento sociale stanno cominciando a dare qualche effetto“: lo ha dichiarato Gianni Rezza, direttore del Dipartimento di Malattie Infettive dell’Istituto Superiore di Sanità, intervistato a Radio anch’io su RaiRadio1. “I cinesi hanno fatto un grande lavoro, ma qui non può essere fatto nello stesso modo, quindi il richiamo è alla responsabilità dei cittadini. Ma bisogna anche usare deterrenti per chi in questo periodo crea assembramenti, o fa feste nei locali chiusi, perché è da irresponsabili“.
Non è una influenzetta. Io non sono mai sceso in polemiche con colleghi. Ognuno ha le sue opinioni, ma chi ha detto in passato che questa era una influenzetta ha sbagliato e dovrebbe riconoscerlo e fare pubblica autocritica, perché altrimenti la comunità scientifica si divide su cose su cui non si dovrebbe dividere. L’influenza stagionale è un’altra cosa“. “Abbiamo già in parte gli anticorpi contro quella, abbiamo un vaccino che protegge le persone fragili. Se lo mettano in testa. Altrimenti perché prenderemmo queste misure, perché gli ospedali nelle zone rosse e le terapie intensive sono in sofferenza?“.

Vi è una crescita dei contagi. Vi è stato un numero importante di pazienti che sono deceduti. Attenzione però a leggere i numeri. Controllare i numeri ogni giorno attendendosi un calo è precoce. In questo punto stiamo crescendo nel picco, finché non vi è un controllo completo della situazione i numeri continueranno a crescere. E’ molto presto per valutare se stiamo migliorando o meno“, secondo Pierpaolo Sileri, viceministro della Salute, a Radio Cusano Campus. “Quando si guarda all’Italia bisogna guardare anche all’Europa, questo non è un fenomeno italiano. Noi abbiamo iniziato a fare i tamponi prima. Ammalati è una cosa, positivi è un’altra. Essere positivi senza sintomi non significa essere malati. E’ chiaro che queste norme devono essere applicate in tutti gli uffici, noi per primi. Nel mio gruppo al ministero ho fatto sì che si faccia telelavoro e chi è in ufficio lavori da solo. Io non stringo le mani, non do abbracci. Evito cene quando non è strettamente necessario e se faccio una cena sto a distanza. Questa epidemia passerà, ma dobbiamo avere la consapevolezza che purtroppo in una piccola parte della nostra società comporta problemi gravi e anche la morte. Non significa che questa malattia colpisce solo gli anziani, come ho sentito dire a molti giovani. Prevalentemente fa più danni agli anziani, però può capitare che anche in soggetti più giovani ci siano complicazioni. E comunque che sia anziano o giovane noi dobbiamo tutelare la vita e la salute di tutti“.
Non va bene quanto è stato fatto da coloro che sono scappati e andati nelle loro regioni d’origine. Coloro che sono fuggiti dalla Lombardia, comunichino all’unità sanitaria di essere rientrati nella regione d’origine e si mettano in quarantena. Servono almeno 7-14 giorni per capire se in altre zone si sviluppano focolai come in Lombardia. Prima di due settimane è molto difficile fare una previsione. Tra due settimane potremo capire se le misure di contenimento avranno rallentato la diffusione del virus“.

Condividi