“Credo che ci sia una differenza fra il dire che una persona è anziana a 65 anni o a 75 anni. E, a parte questo, in realtà non è lo status di anziano in sé a determinare un maggior rischio” di contagio e di malattia in forma grave provocati dal nuovo Coronavirus: lo ha spiegato all’Adnkronos Salute Carlo Signorelli, professore ordinario di Igiene e sanità pubblica all’università Vita-Salute San Raffaele di Milano. “E’ la patologia, o le patologie, di cui spesso l’anziano soffre, a rappresentare un rischio reale. Ecco perché in generale le misure di protezione individuali per ridurre il rischio di contagio“, come il consiglio di rimanere in casa, “devono valere soprattutto per gli anziani malati, che rischiano molto, ma è comunque un comportamento di buon senso quello di limitare i contatti sociali in questo momento“.
Per quanto riguarda il focolaio epidemico, “è da vedere se sia stato circoscritto. Le misure iniziali di contenimento avevano la speranza di ‘chiudere’ i due focolai, ma è accaduto che nel frattempo, visto il lungo periodo di incubazione, erano già usciti cittadini infetti dalle zone rosse. Certamente la misura è servita per raggiungere l’obiettivo di ritardarne la diffusione e guadagnare tempo prezioso per il Servizio sanitario nazionale, che così è stato agevolato nel curare i malati gravi“, ha dichiarato all’Adnkronos Salute Signorelli. Le misure di mitigazione “sono importanti soprattutto per i più vulnerabili e sono quelle più semplici, ma che hanno maggiore efficacia. Evitare contatti stretti, tossire e starnutire ‘in sicurezza’, lavarsi le mani e anche disinfettare alcuni superfici come i banchi scolastici, servono a contenere i contagi e a dare priorità ai malati gravi negli ospedali. La malattia è nuova, e sulle poche certezze che abbiamo dobbiamo basare il nostro intervento, attraverso misure razionali che tengano conto di tutte le esigenze, quindi anche delle ricadute non solo sul sistema sociale ed economico, ma anche sanitario“.
Per Signorelli, “il meccanismo delle quarantene forse è da rivedere: non possiamo avere un’Italia in quarantena. Isolare i malati e i loro contatti stretti, certo, bisogna farlo, ma si dovrebbe rivedere la strategia puntando sulla cura e la presa in carico del paziente con sintomi. Occorre fare il punto, sedersi a un tavolo e pensare a rimodulare le misure“. “Dobbiamo tenere conto delle ricadute sociali di alcune misure – rileva l’igienista – dal punto di vista sanitario potrebbe persino valere la pena di fermare le metropolitane perché sono un luogo di alto contagio, ma chi può permettersi di fermare i mezzi pubblici nelle città? Anche quello delle scuole è un dibattito molto serio: chiuderle ha ricadute di grande impatto su tutti i sistemi. Mi sembra non faccia un grinza affermare che ci sono esigenze di sanità pubblica, ma bisogna conciliare le esigenze di salute dei cittadini con le ricadute delle misure adottate. Su questo si aprirà sicuramente un dibattito nei prossimi giorni“.
L’epidemia di Coronavirus avrà riflessi negativi anche sulla natalità in Italia: “La ricaduta più grande nel nostro Paese sarà sul sistema economico ed è provato che la natalità risente fortemente della situazione finanziaria nazionale. Dunque potrebbe esserci sicuramente una ricaduta negativa in questo senso“, ha proseguito Signorelli. “Non ci sono evidenze che il nuovo Coronavirus possa essere trasmesso per via sessuale, né che sia presente nei liquidi biologici umani. Però sappiamo che la malattia è nuova e se si cerca di chiedere più di quello che si sa, anche la scienza può incontrare delle difficoltà. Ad esempio, nello stabilire quale sia il periodo di incubazione, siamo incerti se possa essere anche più lungo di 14 giorni. Quel che è certo è che tramite i baci, si può essere contagiati“. “La natalità rischia di essere influenzata negativamente dai riflessi economici che alcune misure intraprese avranno sul sistema economico italiano“, conclude Signorelli.