“I dati vanno letti su più giorni” e i modelli matematici “vanno fatti su data di insorgenza dei sintomi o su indicatori forti come il numero di ospedalizzazioni, che comunque non sono aumentate“: lo ha precisato Giovanni Rezza, direttore del dipartimento di Malattie infettive dell’Istituto superiore di sanità, intervenuto a 24Mattino su Radio24 sul tema dei dati diffusi ieri dalla Protezione Civile. L’esperto ribadisce che “è normale vedere alti e bassi, quello che è importante valutare è l’andamento complessivo della curva. Per avere un quadro realistico e vedere gli effetti delle misure adottate ci vuole ancora del tempo: dobbiamo aspettare fine mese“. “Un bollettino quotidiano di questo tipo si fa tramite le Regioni, che danno dati aggregati al ministero, e lo si è fatto” per una questione di trasparenza e tempestività. “Ma si tratta di dati condizionati dal fatto che i contagi risalgono a 5-10 giorni fa, poi ci sono i tempi della notifica. I dati sono molto dipendenti dal numero di tamponi fatti e dai tempi delle notifiche. Quindi abbiamo questa altalena: per uno o due giorni le cose vanno meglio. Poi magari, come ieri, si fanno più tamponi e…“. Sarebbe meglio allora un bollettino settimanale? “Noi all’Iss lo facciamo bisettimanale, raccogliamo i dati anche per data insorgenza dei sintomi, e questo ci approssima di più” alla situazione reale. Ma in questo caso “questi dati hanno il difetto di qualche giorno di ritardo“.
“In una regione come la Lombardia, dove l’incidenza è molto alta, qualsiasi febbre probabilmente è attribuibile al Sars-Cov-2, perché il rischio è molto alto“, ha proseguito Rezza, parlando delle indicazioni sui test diagnostici. Conviene fare tanti tamponi? “Dipende molto dalla fattibilità. I tamponi vanno fatti il prima possibile a persone sintomatiche, perché bisogna fare diagnosi, individuare focolai e, se c’è bisogno, curarle. Se c’è disponibilità i tamponi possono essere fatti anche a persone con pochissimi sintomi o a contatti di pazienti. Ma qui subentra un problema di fattibilità. In una regione come la Lombardia, dove l’incidenza è molto alta, qualsiasi febbre probabilmente è attribuibile al Sars-Cov-2, perché il rischio è molto alto“. “In una regione a bassa incidenza come Sicilia o Calabria, è bene vedere subito se la persona con sintomi ha un’infezione da nuovo Coronavirus o no. Sui contatti c’è un problema di fattibilità: i reagenti non sono infiniti e c’è una corsa anche a livello internazionale ad accaparrarseli. Allora una regione oberata come la Lombardia non potrà mai fare i tamponi ai contatti. Una regione con meno impegno potrà farlo: in Veneto l’hanno fatto e hanno tenuto la situazione sotto controllo a livello territoriale, ma non si trovavano in mano quella bomba biologica come a Lodi e a Bergamo“.
“Noi abbiamo scelto di fare distanziamento sociale in Italia, ma continua un po’ di trasmissione intra-familiare e si registrano i contagi avvenuti prima” delle misure di chiusura. Ecco perché, ribadisce Rezza, “occorre aspettare fine mese per vedere qualche risultato“. Quanto alla Germania, “lì fanno tamponi mirati, e hanno una rete ospedaliera molto forte. Ma hanno avuto anche un paio di vantaggi: l’epidemia è arrivata dopo – tranne un piccolo focolaio poi controllato – e ha colpito soprattutto i giovani, e questo spiega il basso tasso di ospedalizzazione. Vedremo come andrà“.
Quando si potranno riaprire le scuole? “La decisione di chiudere le scuole in Europa è stata presa Paese per Paese, ispirata dal modello italiano. Adesso, premesso che dobbiamo leggere i dati su periodo più lungo, ci auguriamo” che arriveranno dati positivi. “Ma non è che questa epidemia da un giorno all’altro finisce. Questo è il problema maggiore: non è che se i dati vanno meglio si può fare tana libera tutti. Bisognerà studiare dei piani per tenere protette le persone anziane, anche se non è semplice. Ci sarà bisogno di molta gradualità“.