Coronavirus: le polveri sottili, specie PM10, corresponsabili dell’espansione?

Coronavirus: Gianluigi de Gennaro dell’Università di Bari: “Le polveri stanno veicolando il virus.Fanno da carrier. Quindi il pericolo anche dall’aria"
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Il dato dell’espansione del coronavirus in particolare sulle nostre aree settentrionali, in meno sul resto del territorio nazionale, ha avuto come prima giustificazione il fatto che in quell’area magari ci sono le maggiori relazioni internazionali per ragioni imprenditoriali, affaristiche o quant’altro e ciò certamente ha un fondamento. Ma la crescita esponenziale dei casi e i tempi ristretti di raddoppio, nel paragone con la Cina, hanno indotto a ipotizzare altre possibili cause

E, tra le possibili cause, sta prendendo rilevanza quella di tipo ambientale, ossia gli inquinanti o le particelle di polveri sottili, come veicolo del virus. Vi è una solida letteratura scientifica a sostegno della tesi che i particolati atmosferici sono efficaci “carriers”, ossia vettori per molti contaminanti chimici e biologici, inclusi i virus. Il particolato atmosferico, per sua struttura e costituzione, può consentire al virus “ospitato” di rimanere nell’aria in condizioni vitali per un certo tempo, nell’ordine di ore o di giorni. A sostenere questo è un gruppo di ricercatori del SIMA, Società Italiana di Medicina Ambientale, dopo aver esaminato i dati pubblicati dalle “agenzie regionali per la protezione ambientale” e relativi a tutte le centraline di rilevamento dislocate sul territorio nazionale. In parallelo, naturalmente, sono stati analizzati i casi di contagio di Covid-19.

L’esito delle indagini, ha palesemente evidenziato una relazione tra i superamenti dei limiti di legge delle concentrazioni di particolati, nello specifico PM10, e il numero di infettati dal covid-19. L’operazione ha tenuto conto anche di un ritardo temporale, pari al tempo di incubazione del virus, tant’è che la registrazione dei dati relativi al superamento della soglia consentita di PM10, è stata fatta nel periodo 10-29 febbraio, il confronto con il numero dei casi infetti è stato fatto con l’aggiornamento del 3 marzo, a distanza, cioè, di due settimane. In pianura Padana si sono osservate accelerazioni delle curve di espansione dell’infezione, più o meno a distanza di 2 settimane dai picchi di concentrazione di particolato atmosferico. L’esito dello studio ha evidenziato che i particolati possono essere trasportatori del virus che, attraverso uno starnuto, ad esempio, può depositarsi su una piccola particella di polvere sottile sospesa in aria e essere veicolato per ore o giorni in atmosfera, con elevato rischio che la stessa particella contenete il virus attivo possa essere respirata da altre persone. Una fotografia tipo, ma non la fotografia attuale, delle aree mediamente più interessate da una concentrazione superiore al consentito di particolati, quindi di polveri sottili, in Italia, specie nelle fasi anticicloniche invernali, è quella rappresentata nell’ultima immagine. I colori a scala di arancio, indicano appunto la maggiore concentrazione media di polveri sottili sul territorio italiano con la Pianura padana, colorazione più accesa, che detiene il triste primato. Valori di polveri sottili spesso superiori ai limiti consentiti, anche se in misura considerevolmente inferiore a quelli della Pianura padana, su alcune aree toscane, del medio Adriatico, del Centro Sud Lazio e occidentali campane. Solitamente non si rilevano valori di polvere sottili particolarmente superiori a quelli consentiti, sul resto d’Italia, Sicilia e Sud Calabria compresi, non presenti in questa immagine per mostrare meglio il dato del Centro Nord. La ragione della notevole concentrazione di particolati in Pianura padana, non è solo legata al traffico e all’apparato industriale, che sono aspetti certamente di maggiore impatto su quest’area rispetto a tutto il resto d’Italia, ma anche a una componente orografica. La Pianura padana, infatti, è contorniata da monti alti, quelli prealpini e appenninici, con poco, pochissimo movimento d’aria, specie nelle lunghe fasi anticicloniche invernali, come accaduto, per esempio, e in maniera esasperata quest’anno, e forte concentrazione di inquinanti. Ecco una delle molto probabili, tra le altre, ragioni per cui il coronavirus si è sviluppato di più in quell’area.

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